Le squadre uscite meglio dall'offseason NFL 2025
Ora che il draft è stato consegnato alla storia possiamo definitivamente tirare le somme sull'offseason NFL
Inizio maggio è quel periodo dell’anno in cui, per mungere un po’ di contenuto dalle avvizzite mammelle dell’offseason più noiosa di cui io abbia memoria - fino alla prossima -, addizioniamo quasi algebricamente free agency a draft per stabilire quali squadre siano uscite meglio da questi mesi di rimescolamento dei roster - pur essendo pienamente coscienti che, come al solito, il campo fra non troppi mesi si diletterà a sbugiardare ogni nostra speculazione.
So cosa vi - chi? - state chiedendo e vi rispondo immediatamente: sì, uscirà un articolo sul taglio di Justin Tucker, vi chiedo solo di pazientare qualche giorno e darmi il fine settimana per riordinare un paio di pensieri su quella che può essere vista a tutti gli effetti come la caduta di un dio dall’Olimpo sportivo.
New England Patriots
Non che fosse un’impresa erculea migliorare quello che nel 2024 è stato senza ombra di dubbio il peggior roster della lega, ma questo è un sito - pur non essendolo - che si è prefissato di rendere sempre onore al merito.
Comparando i due roster si fatica a credere che si stia parlando della stessa squadra poiché entrambi i reparti sono di fatto irriconoscibili - il tutto senza dimenticare il più grande cambio in assoluto, quello in panchina: è indubbiamente troppo presto per dirlo, ma solamente dando un’occhiata superficiale al roster si potrà constatare che questo sia già (abbastanza) un roster di una squadra di Mike Vrabel.
Dopo aver incassato una serie impressionante di due di picche sul versante offensivo - Stanley, Higgins e Godwin hanno tutti rinnovato il contratto con la propria squadra d’origine -, hanno devoluto il mese di marzo alla ricostruzione del reparto difensivo: dall’alto di uno spazio salariale pressoché illimitato, New England ha lanciato sacche di denaro in direzione di veterani come Robert Spillane, Carlton Davis, Harold Landry, K’Lavon Chaisson e il principe della free agency Milton Williams.
Se da un lato i rinnovamenti difensivi erano necessari - un reparto difensivo di Vrabel non può essere anemico e mollo come quello che abbiamo “ammirato” l’anno scorso -, la missione primaria era quella di rifondare completamente l’attacco che, in misura ancor maggiore rispetto alla difesa, ora appare totalmente irriconoscibile. La linea, in particolare, con ogni probabilità accoglierà almeno tre nuovi titolari, ossia i veterani Morgan Moses e Garrett Bradbury e il rookie Will Campbell, e non mi sento di precludere lo spostamento del rookie Jared Wilson come guardia.
Malgrado i sopracitati rifiuti dei due migliori ricevitori sul mercato, si sono rifatti ripiegando su Stefon Diggs che, malgrado età e infortuni, ha mani sufficientemente affidabili da togliere le castagne dal fuoco a Maye su terzo down, anche se sarà fondamentale che uno dei giovani ricevitori compia un passo in avanti per supportarlo.
Maye quest’anno opererà in un contesto estremamente più funzionale rispetto a quello che con cui è sceso in campo da rookie: non mi aspetto sicuramente un ritorno ai playoff, ma credo che possano finalmente darci l’idea di avere delle idee da seguire per il futuro e smettere di subirlo passivamente.
Las Vegas Raiders
Si può dire ciò che si vuole su Geno Smith, ma è fuori questione che il Lazzaro di Seattle sia da vedere come un upgrade rispetto ai vari Gardner Minshew, Aidan O’Connell e, non me ne voglia, Jimmy Garoppolo.
Non ci troviamo sicuramente davanti al quarterback più costante e affidabile della lega, ma è sufficientemente talentuoso ed esperto da poter dirigere un attacco NFL con efficienza e cognizione di causa - specialmente vista la presenza dell’amico/mentore Pete Carroll a bordocampo.
Per la prima volta da… tanto tempo, i Raiders sembrano poter contare su un attacco funzionale incentrato sull’innesto principe di questa offseason, quell’Ashton Jeanty da cui ci aspettiamo sostanzialmente la luna: per rendere l’idea del giocatore di cui sto parlando mi limiterò a dirvi che sul suo profilo su NFL.com sia stato comparato a LaDainian Tomlinson.
Il peggior running game - con distacco - della lega non dovrebbe aver problemi a guadagnare più di 79.8 rushing yard a partita, o anche solo a fare meglio di 3.6 a portata: tutti sappiamo quanto Pete Carroll ami correre - tranne in quell’occasione là - e un gioco di corse efficiente dovrebbe permettere a Smith di godere dei frutti della play action per imbeccare una batteria di playmaker che, almeno sulla carta, appare sempre più completa e pericolosa.
Militano in una division tenuta in ostaggio dalla dinastia dei nostri tempi, e seppur ancora lontani dai playoff dovrebbero tornare a essere perlomeno - e finalmente - competitivi su base settimanale.
Ovviamente Smith non sarà la soluzione sul lungo termine, ma non credo potessero garantirsi un miglior esemplare di quarterback-ponte: resto però curioso di vedere quale possa essere il loro piano per il quarterback del futuro.
Di nuovo, squadra che potrebbe aver ritrovato una direzione dopo anni a fluttuare nel vuoto come il sacchetto di plastica di cui parlava l’astronauta Katy Perry.
Chicago Bears
Credo che arrivati a questo punto sia perlomeno doveroso prendere in considerazione l’eventualità di istituire il titolo di campioni di primavera da assegnare annualmente alla squadra che ha maggiormente impressionato in offseason: in un mondo in cui questo premio è realtà i Bears starebbero celebrando il threepeat.
Un paio d’anni fa rapinarono i disperati Carolina Panthers facendosi pagare a peso d’oro la prima scelta assoluta - poi utilizzata per Bryce Young -, l’anno scorso oltre che ad assicurarsi il “generazionale” Caleb Williams gli misero attorno una batteria di skills player di primissima qualità; negli ultimi mesi, per non farsi mancare niente, sono andati a rubare ai Detroit Lions il geniale Ben Johnson, hanno completamente ristrutturato una linea d’attacco incapace di proteggere Williams e, dulcis in fundo, hanno rimpinguato il pacchetto di mani a sua disposizione con Colston Loveland e Luther Burden III, due fra i più dinamici playmaker disponibili al draft.
Non c’è più molto da dire, Chicago ha ufficialmente finito le scuse per non segnarne almeno 20 a uscita, soprattutto perché è impossibile pensare di avere successo in questa NFC North arrancando così tanto in attacco: Lions, Packers e Vikings hanno tutte concluso l’ultimo campionato all’interno della top ten per punti fatti. Peggio dei Bears, invece, solamente Raiders, Giants, Patriots e Browns, squadre con reparti offensivi neanche lontanamente comparabili a quello di Chicago.
Mi rendo conto che sia alquanto ingeneroso addossare tutta questa pressione a un allenatore rookie e a un quarterback sophomore, ma dopo anni di folli investimenti credo che la pazienza nei piani alti si stia per esaurire.
Arizona Cardinals
A proposito di squadre chiamate a battere un colpo.
Quello che i Cardinals si stanno preparando a vivere sarà un campionato a suo modo decisivo: arrivati al terzo anno del ciclo marchiato Gannon-Ossenfort pretendere risultati non è solamente lecito, ma a suo modo obbligatorio anche solo per capire se sia davvero il caso di andare avanti con Kyler Murray, quarterback infinitamente talentuoso ma ancora troppo discontinuo per trovare uno spazio nella stratosfera popolata dai vari Mahomes, Allen, Jackson, Burrow e Hurts - lo inserisco in quanto costretto dalla vittoria al Super Bowl.
Se da un lato il reparto offensivo è rimasto pressoché immutato, la difesa è stata sottoposta a un rinnovamento tanto radicale quanto necessario.
Quella dei Cardinals non può in nessun caso essere spacciata come una delle peggiori difese della NFL, ma fino a non troppo tempo fa poteva lamentare un margine di miglioramento che chi scrive vede come il delta fra playoff e un’inutile stagione da 8 o 9 vittorie.
In questi ultimi mesi il front seven è stato sottoposto a un cambiamento così radicale da far impallidire quello dell’immancabile amico che per diversi mesi ha fatto la spola Italia-Turchia. Ricolmo di spazio salariale e scelte importanti al draft, Ossenfort ha fatto quello che doveva andando a prendersi Josh Sweat, il miglior edge rusher disponibile sul mercato, un interior lineman esperto e completo come Dalvin Tomlinson, un paio di rookie oltremodo promettenti come Walter Nolen e Jordan Burch e ha pure riportato a casa il futuro Hall of Famer Calais Campbell, un veteranissimo imprescindibile per dare coerenza allo spogliatoio - nonché un ottimo giocatore malgrado i quasi 39 anni.
Non mi aspetto il Super Bowl, ma non mi sembra di chiedere la luna pretendendo il ritorno ai playoff e la doppia cifra di vittorie.
Denver Broncos
Contrariamente alle squadre di cui vi ho appena parlato, nel caso dei Denver Broncos è alquanto complicato spellarsi le mani al cospetto della quantità: in questo caso la parola chiave è precisione - propedeutica alla qualità che, eventualmente, sarà decretata dal campo.
Una delle squadre più sorprendenti dell’ultima stagione ha sapientemente puntellato un roster già buono su entrambi i versanti della linea di scrimmage.
In attacco hanno messo a disposizione di Sean Payton un paio di giocatori dinamici come Engram e il rookie Harvey, profili che mancavano all’interno del reparto guidato da Bo Nix e che garantiranno allo scaltro allenatore ulteriore flessibilità schematica: spero che tutti qui dentro ricordino cosa sia stato in grado di fare con Darren Sproles ai tempi di New Orleans.
La difesa è invece stata rinvigorita dalle ottime aggiunte degli ex-49ers Talanoa Hufanga e Dre Greenlaw, giocatori esperti con potenziale da All-Pro recentemente tormentati da infortuni: questa chiosa sembra obbligarci a classificarli come dei rischi, ma permettetemi di affermare che qualora dovessero restare sani la difesa dei Broncos potrebbe issarsi definitivamente come la migliore della lega.
Il rookie scelto al primo round, Jahdae Barron, oltre che a contribuire fin da subito, potrebbe dar vita alla miglior coppia di cornerback della lega insieme al Defensive Player of the Year in carica, Pat Surtain.
Non mi aspettavo che uscissero così velocemente dalla fossa che si erano scavati con le proprie mani dopo l’affaire Wilson e, malgrado dubito potranno spodestare i Chiefs, non dovrebbero avere troppi problemi a confermare il posto ai playoff.
Seattle Seahawks
Poche offseason sono state più polarizzanti di quella vissuta - o che stanno vivendo? - i Seattle Seahawks.
Con Geno Smith al timone Seattle era precipitata in un purgatorio fatto di nove-massimo-dieci vittorie o, nella migliore delle ipotesi, una fugace partecipazione ai playoff che coinciderà inevitabilmente con un one-and-done - garantito dal fatto che ai playoff ci vadano ben 14 squadre su 32.
Rubando una pagina dal playbook dei Tampa Bay Buccaneers, i Seahawks hanno deciso di mettersi nelle mani di un quarterback della classe del 2018 che, a differenza di Mayfield, è risorto altrove: il grande dubbio legato a Sam Darnold riguarda piuttosto la riconferma in un contesto offensivo ben meno florido rispetto a quello dei Minnesota Vikings.
A mio avviso Darnold offre un upside incomparabile a quello di Smith anche solo per una semplice questione anagrafica, dal momento che si sta parlando di un ragazzo che deve ancora festeggiare il 28esimo compleanno e che finora ha generalmente goduto di buona salute - mononucleosi a parte.
Se da un lato le aggiunte di veteranissimi come Kupp e Lawrence possono confondere, se non addirittura risultare incoerenti, dall’altro credo che lo spogliatoio beneficerà immensamente della leadership garantita da due Pro Bowler così navigati e rispettati.
Il palcoscenico sul quale i Seahawks hanno maggiormente brillato è però quello del draft, dove hanno sbaragliato la concorrenza con tre giorni fenomenali - almeno a bocce ferme. Hanno messo le mani sull’offensive lineman che potrebbe garantire all’intera linea il salto di qualità che stiamo attendendo da ben più di un lustro, su un safety che fornisce a coach Macdonald la versione 2.0 di Kyle Hamilton e, più un generale, su tantissimi giovani di prospettiva pronti a contribuire fin da subito.
E per ultimo, ma non sicuramente per importanza, si sono accaparrati il quarterback più intrigante del draft, quel Jalen Milroe che, se adeguatamente sviluppato, fra un paio d’anni potrebbe competere per la maglia da titolare.
Indipendentemente dal verdetto del campo, Seattle ha chiuso definitivamente il fortunato capitolo Carroll: questa è sempre più la squadra di Mike Macdonald.
Tennessee Titans
Non potevo concludere un articolo del genere senza trovare un posticino per la squadra che ha chiamato per prima al draft.
Per quanto alcune loro mosse in free agency non mi abbiano affatto convinto - sì Dan Moore, sto parlando di te - mi trovo costretto a pensare che Cam Ward darà coerenza e senso al roster dei Tennessee Titans che, ve lo confesso, nel 2024 aveva il potenziale per fare molto di più - linea d’attacco a parte: è chiaro che con il tragicomico Will Levis a dirigere le operazioni le loro prospettive non potessero essere chissà quanto rosee, motivo per cui un po’ di ottimismo è perlomeno motivato.
E per aver cominciato immediatamente a investire sul supporting cast a sua disposizione.
Enciclopedico, profetico e lungimirante come sempre, maestro. Attenzione che da un paio di giorni i fans dei Chicago Bears hanno chiesto a gran voce una benedizione sulla squadra di Leone XIV.
Funzionerà??