La preview della NFC South del 2024
Concludiamo il nostro giro di preview con la division più triste che ci sia, la NFC South
Quanto l’ho bramato questo articolo. No, nelle ultime settimane non credo di essermi mai coricato col sogno di parlarvi della NFC South - ho tanti altri modi per mettere nero su bianco la miseria dell’esperienza umana - ma, piuttosto, col sogno di trovarmi davanti all’ultima preview.
Per prima cosa non potete immaginare quanto odi questo genere di articolo nel quale finisco inevitabilmente per ripetere le stesse identiche cose con cui vi sto ammorbando da marzo, anche se ovviamente la ragione principale dietro il mio entusiasmo deriva dal fatto che l’ultima preview arrivi a pochi minuti dallo scoccare della mezzanotte dell’offseason: fra un paio di giorni i Chiefs apriranno le danze con una comoda vittoria sui Ravens.
Ci siamo.
Possiamo quasi toccarlo con mano il nostro meritato football americano giocato, ma prima un ultimo sforzo: parliamo di questa peculiare forma di depressione che risponde al nome di NFC South, la division che nell’ultimo biennio è stata dominata da una squadra che ha concluso con un record cumulativo di 17-17.
La mediocrità fatta a division, insomma. Nonostante tutto, però, ci sono buone ragioni per pensare che questo sia l’anno in cui le cose miglioreranno davvero, i Buccaneers hanno ritrovato una parvenza di continuità, i Falcons un quarterback degno di nome, i Saints… non lo so, giocano in una division davvero facile mentre è irrealistico aspettarsi che i Panthers facciano peggio del 2023 - anche se coi Panthers non si può mai dire mai.
Se giudicassimo l’operato di un general manager NFL esclusivamente in funzione della continuità di un progetto tecnico, Jason Licht sarebbe uno dei migliori GM di tutti i tempi.
In un modo o nell’altro il front office dei Tampa Bay Buccaneers riesce sempre a tenere in piedi le colonne portanti di un roster rinnovando infallibilmente il contratto ai giocatori che non possono permettersi di perdere.
Lo hanno fatto durante il triennio di Tom Brady, lo stanno facendo pure ora con Baker Mayfield. Perché sì, durante l’offseason Tampa Bay ha deciso di ricompensare Mayfield per l’inaspettato 2023 con un bel triennale dal valore totale di 100 milioni di dollari, eleggendolo così come direttore d’orchestra almeno per il prossimo biennio - salvo in caso di disastri.
Ma non si sono fermati qui, in quanto hanno messo nero su bianco i prolungamenti dei vari Antoine Winfield Jr., Chase McLaughlin, Lavonte David e dell’immarcescibile, consistente e leggendario Mike Evans, uno dei più grandi bucanieri di tutti i tempi.
Non mi aspetto che competano per il Super Bowl, tuttavia dare continuità a una squadra che se l’è giocata quasi alla pari con i Detroit Lions era doveroso: con un anno d’esperienza in Florida in saccoccia e una nuova consapevolezza di sé, Mayfield potrebbe compiere ulteriori passi in avanti.
Mi rendo conto che si stia pur sempre parlando di un mezzo miracolo e che sia intrinsecamente ingiusto pretendere di più, ma una parte di me è altresì convinta che il Baker Mayfield di cui ci siamo collettivamente innamorati nel 2023 sia il vero Baker Mayfield e che, quindi, possa ripetersi - se non addirittura migliorarsi.
Figuratevi cosa sarebbe in grado di fare qualora chi di dovere trovasse un modo per far girare un gioco di corse consistentemente inguardabile - nessuno ha guadagnato meno rushing yard nelle ultime due stagioni. In tal senso l’innesto del rookie Graham Barton potrebbe fare la differenza, la linea d’attacco ha patito terribilmente l’assenza del coriaceo Ryan Jensen ed è risaputo che con un centro di livello tutta la O-line giri meglio. Non pretendo i numeri dei Ravens o dei 49ers, ma almeno 4.0 yard a portata e un centinaio abbondante di rushing yard a partita.
Attenzione ai rookie Bucky Irving e Jalen McMillan che malgrado ruoli apparentemente marginali potrebbero dare manforte ai veterani che, al momento, si trovano davanti in depth chart.
La qualità media del reparto offensivo resta piuttosto alta, anche se l’incapacità di correre potrebbe condannarli ancora una volta a una rischiosa monodimensionalità; malgrado la folgorazione lungo la via del Raymond James Stadium Mayfield resta un quarterback suscettibile a ben documentati giri a vuoto: va da sé che poter contare su un gioco di corse affidabile e costante lo aiuterebbe immensamente.
Il reparto di competenza di coach Bowles resta quello difensivo che, a mio avviso, è fra i più interessanti della NFC.
Negli ultimi draft il front office ha investito massicciamente sui pass rusher e ora i vari Calijah Kancey, Logan Hall, Yaya Diaby e Joe Tryon-Shoyinka sono chiamati a fare un passo in avanti. Questa difesa ha infatti disperato bisogno di trovare un pass rusher da doppia cifra, lo scorso anno il leader era stato Diaby con 7.5 sack seguito dai 6 di Winfield che, per quanto versatile e forte, resta un safety, uno il cui compito primario non è sicuramente quello di portare pressione al quarterback.
Ritengo indispensabile che il pass rush riesca a produrre consistentemente perché guardando la depth chart della secondaria ci si imbatterà in nomi come quelli di Zyon McCollum e Christian Izien, giovani relativamente sconosciuti ai quali non potrà essere chiesto troppo.
L’anno scorso Tampa Bay ha avuto modo di elevarsi a rivelazione della stagione sfruttando un calendario non particolarmente complicato e una division tutt’altro che irresistibile - oggi molto diplomatico - e, per quanto questo roster possa presentare vere e proprie lacune, credo che in modo più o meno picaresco potrebbero riuscire a elemosinare la decina scarsa di vittorie necessaria per confermare nuovamente il titolo divisionale.
Anche se la cosa più interessante sarà scoprire se il 2023 di Mayfield sia stato una stupenda aberrazione o l’inizio della sua nuova normalità.
Ora immagino dovrò parlarvi degli Atlanta Falcons, di quella che potrebbe essere la squadra più interessante del prossimo autunno.
Abbiamo parlato di loro come dell’ennesima squadra a un quarterback di distanza da qualcosa a cui nemmeno noi sappiamo più dare un nome, ci siamo intristiti vedendo il potenziale di ottimi giocatori essere inevitabilmente scialacquato dalle scellerate decisioni di Arthur Smith e dall’inettitudine del quarterback di turno, insomma, il classico caso di squadra a un nulla dalla competitività vera, quella che ti allunga le stagioni fino alle ultime settimane di gennaio, quella che solo un franchise quarterback sa garantirti.
I piani alti dei Falcons devono averci ascoltati perché per togliersi ogni dubbio non si sono limitati ad aggiungere un quarterback ricoprendo d’oro il miglior free agent disponibile, ma si sono prodigati in un’impresa storica, ossia quella di creare inutile dramma in una quarterback room - che fino a poche settimane prima difficilmente era definibile come tale - aggiungendone un altro tramite draft.
Dalla cintola in su - con il football questa locuzione non ha alcun senso ma mi piace quindi la uso - i Falcons sono belli, oserei dire bellissimi.
Sulla carta è tutto stupendo, uno dei running back più talentuosi della lega ha la fortuna di correre alle spalle di una linea d’attacco forte e coesa che ormai si conosce a meraviglia e, cosa mai banale, ha pure la fortuna di poter contare su uno dei migliori backup della lega, quel Tyler Allgeier che sarebbe titolare in almeno metà delle squadre NFL.
Kirk Cousins, invece, potrà indirizzare il pallone a una batteria di ricevitori giovane, affamata e ben assortita che, per l’incompetenza di chi c’era prima under center, non ha mai avuto modo di rendere come ci si sarebbe potuti aspettare. Le aspettative su Drake London sono altissime, chiunque si aspetta che con Cousins compierà un automatico salto di qualità affermandosi come un ricevitore da almeno 1200/1300 yard a stagione. Non possiamo dimenticare Kyle Pitts, l’unicorno selezionato con la quarta scelta assoluta nel 2021 che, vuoi per l’allenatore vuoi per il quarterback, finora non è neanche lontanamente riuscito a giustificare l’enorme sforzo compiuto dai Falcons al draft. Ci sono i presupposti affinché entrambi esplodano.
Questo dovrebbe essere l’anno in cui tutte le tessere del domino saranno finalmente allineate, l’anno in cui Atlanta potrà vantare uno dei più prolifici reparti offensivi della lega nella vita reale, non solo nelle proiezioni estive.
I ritocchi lungo il versante difensivo ci dicono tutto quello che dobbiamo sapere sui loro piani per il 2024: Atlanta vuole vincere e vuole farlo nel minor tempo possibile. Se non mi credete vi basta guardare in direzione di Matt Judon e Justin Simmons, due veterani iper-produttivi messi recentemente sotto contratto: queste sono le tipiche mosse di una squadra in win now mode, una squadra che non vuole lasciare nulla al caso sfruttando le opportunità date da una division - e conference - momentaneamente a terra.
Se ci limitassimo a sciorinare nomi, quella dei Falcons sarebbe una delle difese più elettrizzanti della lega, infatti vicino a ottimi veterani come Jarrett, Judon, Simmons, Terrell e Bates troviamo giovani di buone speranze come Ebiketie, Harrison e Orhorhoro che però dovranno riuscire a performare fin da subito.
Atlanta non ha tempo da perdere.
Mi rendo conto che questa preview sia attraversata da una malcelata disillusione - che qualcuno di voi riuscirà a toccare con mano e che molti si staranno chiedendo il perché: la competizione non è nulla di che, il roster è di qualità e il nuovo allenatore Raheem Morris non è sicuramente uno sprovveduto… tuttavia stiamo pur sempre parlando di una squadra che negli ultimi anni è diventata sinonimo di delusione e che ci ha abituati a essere testimoni dell’imponderabile.
Credo che Atlanta abbia tutto il necessario per arrivare almeno al Divisional Round anche se non sarà affatto scontato che tanti giocatori relativamente inesperti riescano ad abbracciare immediatamente la competitività.
E non lasciamoci distrarre dagli ottimi numeri in regular season, Kirk Cousins negli anni ha consistentemente deluso nei vari momenti della verità.
La mia speranza, e qui sono sincero, è che nei momenti di eventuale difficoltà le telecamere non indugino su Michael Penix Jr. ché né lui né Cousins si meritano di essere gettati nel tritacarne di una querelle under center che potrebbe destabilizzare lo spogliatoio e l’intera franchigia.
Il presente è di Cousins, il futuro presumibilmente di Penix e basta, spero vivamente che non basti un intercetto per mettere in discussione tutto.
Uno ci prova anche a procrastinare l’inevitabile, ma se è inevitabile vuol dire che non puoi farci niente: prima o poi ti toccherà parlare delle prospettive dei New Orleans Saints, la squadra-causa-persa che ci sta facendo vedere come non gestire la fine di un’era.
Se mi leggevate già sull’altro sito lo sapete, se mi avete conosciuto qua sopra lo avrete ormai intuito: aborro la direzione presa dai Saints, una squadra condannata alla mediocrità dall’incapacità del proprio front office di accettare lo scorrere del tempo.
Avete presente l’ultraottentenne a cui nonostante non sia stata rinnovata la patente usa quotidianamente l’auto diventando il pericolo pubblico numero uno? Qualcosa del genere. C’è chi parla di orgoglio, chi di cieca ostinazione e chi addirittura di pura follia: sia quello che sia, la situazione a New Orleans è tutt’altro che ideale.
Condannati alla mediocrità da un quarterback che si è rivelato essere esattamente ciò che tutti - tranne loro - sapevamo fosse e da un’inesistente flessibilità salariale che li costringe a ricorrere spasmodicamente ai void year solo per tenere intatto un nucleo da otto-massimo-nove vittorie, i Saints si presentano ai nastri di partenza tediosamente simili a quelli visti l’anno scorso.
Non avendo nemmeno la disponibilità salariale per la merenda New Orleans non ha modo di spendere in free agency e, al momento, l’unica via di fuga dalla mediocrità è ripetere il prodigioso draft del 2017 aggiungendo mezza dozzina di titolari di primo livello a un roster che ha bisogno d’aiuto.
Eccezion fatta per la guardia veterana Lucas Patrick e il rookie Taliese Fuaga, l’attacco è la fotocopia di quello dello scorso anno, quel reparto costretto a mettersi nelle mani del buon Taysom Hill per avere una parvenza di successo in red zone.
Il gioco di corse è di una sterilità quasi fastidiosa - solamente 3.6 yard per portata nel 2023, penultimo dato in assoluto - e, Olave a parte, il receiving corp è inconsistente al massimo.
Fa male vedere un giocatore del calibro di Olave sprecare la propria giovinezza a tentare di recuperare dal soffitto del Superdome i deliri lanciati dai vari Dalton e Carr, anche se è ancora più doloroso constatare che il supporto fornitogli dal front office risponda ai nomi di A.T. Perry e Rashid Shaheed, due giocatori troppo incompleti per poter dare vita a un receiving corp di livello, un receiving corp che metta Carr nella posizione di avere davvero successo.
E no, Kamara non è più lo stesso giocatore di qualche anno fa e salvo miracoli - e corse di Taysom Hill - ritengo improbabile che questo gioco di corse si scopra miracolosamente efficiente, anche se con Klint Kubiak come offensive coordinator le cose potrebbero migliorare dato che l’efficienza via terra è nel DNA di quella famiglia.
L’età media in difesa comincia a essere davvero alta, i vari Cameron Jordan, Demario Davis e Tyrann Mathieu hanno abbondantemente superato i trent’anni d’età, fatto preoccupante dato che spesso New Orleans è stata tenuta a galla proprio da questo reparto che, in un modo o nell’altro, riesce sempre a confermarsi roccioso - anche se durante l’ultima stagione è calata vistosamente in run defense, per anni fiore all’occhiello dell’intera difesa.
Nemmeno qua ho grosse novità da raccontarvi, a parte l’iconico Kool-Aid McKinstry - che con Lattimore e Adebo potrebbe dare vita a una rotazione di cornerback davvero intressante -, il nuovo tentativo di ravvivare la carriera di Chase Young e l’intelligente aggiunta di Willie Gay che a Kansas City negli ultimi anni ha sempre e comunque giocato ad alti livelli. Essendo il reparto di competenza di Dennis Allen mi aspetto un rendimento tutto sommato buono sebbene temo che la loro personalissima mezzanotte sia sempre più vicina.
Non so veramente cosa dirvi dei Saints. Immagino che pure quest’anno in un modo o nell’altro riusciranno a mettere insieme le canoniche otto-nove vittorie che stanno definendo l’era Allen, quel numero di vittorie necessario a posporre ulteriormente la più che doverosa ricostruzione nel nome di una continuità che altro non fa che propagare la deprimente mediocrità nella quale sono piombati.
È un vero peccato che una delle franchigie più divertenti degli anni ‘10 sia condannata all’irrilevanza dalla testardaggine di un front office che si sta rifiutando di venire a patti con la realtà: quale può essere il loro orizzonte? Entrare ai playoff col settimo seed per poi essere eliminati senza troppi complimenti durante il Wild Card weekend?
Concludiamo questa preview e le preview in generale - finalmente - con quella dei Carolina Panthers: è a suo modo poetico che l’ultima presentazione in assoluto sia quella del fanalino di coda dello scorso campionato - e non solo.
Complice la ritrovata dignità di Browns e Jaguars, dopo la mesta conclusione del regno di Cam Newton i Panthers sono diventati lo zimbello della NFL, una franchigia non solo imbarazzante in campo ma soprattutto fuori da esso: no, non sono gli scandali a deturpare la reputazione dei Panthers, ma la comica impazienza del proprietario Tepper che li sta condannando a una pessima decisione dopo l’altra.
Al momento sono conosciuti come quelli che hanno regalato ai Bears Caleb Williams, non sicuramente la miglior reputazione possibile.
Il 2024 dei Panthers sarà valutato esclusivamente in funzione del rendimento di Bryce Young, il motivo per cui si sono privati di tutte quelle scelte e del non più troppo sottovalutato D.J. Moore.
Lo scorso autunno Young è stato messo in una posizione francamente imbarazzante, mandato allo sbaraglio alle spalle di una linea d’attacco più che scadente, un gioco di corse inesistente e una batteria di ricevitori che ha costretto il venerabile Adam Thielen a indossare il mantello da supereroe con cui ci aveva incantati nel 2018.
Potete rinfacciargli tutti i limiti di questo mondo, ma come fa un quarterback rookie ad avere successo all’interno di un attacco del genere?
Per di più in una franchigia gestita da uno scriteriato che dopo una decina di partite ha messo alla porta un allenatore rispettato e rispettabile come Frank Reich.
È per questo motivo che c’è da applaudire il rabbioso tentativo del nuovo front office di aiutare Young mettendogli a disposizione un veterano produttivo come Diontae Johnson, un paio di rookie di ottime speranze come Jonathon Brooks, Xavier Legette e Ja’Tavion Sanders, senza dimenticare degli enormi investimenti compiuti lungo la linea d’attacco per regalargli una nuova coppia di guardie formata da Damien Lewis e Robert Hunt.
Per quanto il football americano non segua le stesse logiche dell’Ultimate Team di Madden non si può sicuramente rinfacciare passività e inazione a un front office che ha fatto quello che doveva fare per aiutare il proprio potenziale franchise quarterback a ritrovare sé stesso. Anche se forse avrei investito con un po’ più di convinzione su un vero e proprio WR1.
Pure in difesa i volti nuovi sono davvero tanti e, per questa ragione, credo che il reparto necessiterà di parecchio tempo prima di trovare la propria quadra - ammesso la troverà mai.
A’Shawn Robinson, Jadeveon Clowney, D.J. Wonnum, K’Lavon Chaisson, Josey Jewell, Dane Jackson, Jordan Fuller e Nick Scott sono alcuni dei tanti volti nuovi che dovranno restituire rispetto e prestigio a una difesa che una decina d’anni fa era arrivata a tanto così dal Lombardi guidata dall’indimenticabile Luke Kuechly.
Pure in questo caso le aspettative non sono particolarmente alte, ma la parola chiave sarà rispettabilità, nessuno ha ansia da risultato: se Tepper spera nei playoff… beh, che dire, forse un corso accelerato di realismo farebbe al caso suo.
Spero davvero che Young riesca a lasciarsi alle spalle l’orribile 2023, un disastro esacerbato dalla clamorosa esplosione di Stroud. Chi di dovere gli ha messo a disposizione un roster decisamente più sensato comandato da un allenatore che ha aiutato Baker Mayfield e Geno Smith a resuscitare carriere che sembravano ben oltre i titoli di coda.
Una mezza dozzina di vittorie con miglioramenti tangibili di Young rappresenterebbe il miglior scenario possibile per una franchigia che come già detto ad nauseam ha innanzitutto bisogno di ritrovare la retta via per, eventualmente, tornare sul radar NFL.
La division sarà un discorso a tre fra Falcons, Buccaneers e Saints. Grazie a Kirk Cousins i Falcons ora sembrano avere qualcosa in più sul resto delle avversarie ma attenzione, i Buccaneers potrebbero confermare quanto di buono fatto vedere lo scorso autunno e i Saints, coi loro ritmi, vincere abbastanza partite da trovarsi in lizza per i playoff a dicembre inoltrato. Nella depressione di questa division se non altro troviamo della rinfrancante imprevedibilità.
I Panthers, invece, dovranno solamente preoccuparsi di cominciare a comportarsi come persone adulte.