Il riassunto del carosello dei quarterback NFL 2025
Una delle free agency più fiacche di sempre non poteva che restituirci un carosello dei quarterback oltremodo deprimente
Che tristezza.
No, a motivare questo sentimento non sono i quarterback di cui sto per parlarvi, ma l’avvilente fatto che la free agency NFL sia caduta vittima dello stesso processo che mi ha reso completamente indifferente al Natale.
Immagino abbia qualcosa a che fare con il passare degli anni o con l’inesplicabile effetto orchestra-di-Titanic che permea questo momento storico in cui ci teniamo occupati parlando di questo o di quell’altra con ben minacciosa sullo sfondo un’inevitabile fine che, come ogni volta, nemmeno arriverà: sia quello che sia, vediamo sempre meno giocatori in grado di fare davvero la differenza affacciarsi alla free agency perché, si sa, le franchigie oramai tendono a tenersele sempre più strette le proprie stelle, motivo per cui quest’anno di quarterback di qualità disponibili sul mercato ce n’erano davvero pochi.
Forse è un po’ troppo presto per tirare le somme sull’annuale carosello dei quarterback: per quanto povero il draft fornirà comunque almeno un paio di signal caller di cui saremo costretti a parlare nei prossimi anni. Indipendentemente dal destino dei vari Sanders, Ward e Dart ritengo doveroso riassumervi il mesto - ma destinato a diventare esilarante grazie a un ultraquarantenne - carosello dei quarterback che nel giro di due settimane ha dato senso e legittimità al contratto di Dak Prescott e a quello che firmerà a breve Brock Purdy con i San Francisco 49ers.
Cari lettori e care lettrici, è sempre più chiaro che la parola d’ordine under center sia stabilità e che sempre più squadre siano disposte a investirci sopra il proprio futuro pur di preservarla.
Stabilità non è obbligatoriamente sinonimo di Super Bowl, ma sarebbe sciocco pensare che i 32 presidenti NFL stacchino assegni indirizzati ai propri quarterback convinti che questi possano trascinare la loro franchigia fino in fondo.
Appare evidente che tanti si accontentino di una forma di competitività che si traduce nella costante presenza all’interno della bagarre playoff.
Mi sento obbligato a partire dalla prima (non) mossa della free agency, ossia l’eloquente passività con cui i Tennessee Titans hanno permesso alle altre squadre di accaparrarsi i migliori - se così si può dire - quarterback sul mercato.
Nemmeno nel campionato canadese sarebbe accettabile una depth chart costituita da Will Levis, Brandon Allen e Tim Boyle, quindi va da sé che con la prima scelta assoluta al draft i Titans selezioneranno Cam Ward, colui che è unanimemente visto come il miglior quarterback disponibile durante il weekend di fine aprile - che non vedo l’ora di trascorrere in vostra compagnia.
Non si sono sbilanciati troppo in anticipo, hanno lasciato che il mercato facesse il suo corso e, a bocce ferme, hanno ritenuto più congeniale alle loro necessità tenersi stretta questa prima scelta assoluta in modo da utilizzarla per un quarterback dato che se il 2024 ci ha insegnato qualcosa è proprio che Will Levis sia un’instancabile fonte di meme, non un possibile franchise quarterback.
La situazione si fa chiaramente più interessante scendendo di una casella poiché la seconda scelta assoluta è fra le mani dei Marroni di Cleveland il cui titolare, al momento, è Kenny Pickett.
Il recente rinnovo di Myles Garrett ci mette davanti a una squadra disposta a tutto pur di non piombare nuovamente nelle sabbie mobili della mediocrità nelle quali è rimasta incastrata fino all’arrivo di Baker Mayfield, quindi pure in questo caso ritengo molto difficile che utilizzeranno la seconda scelta assoluta per un non-quarterback.
Tuttavia mi rifiuto di dare per scontato che ne selezionino uno perché la pista Cousins resta ancora tiepida e, anche, perché resistere alla tentazione di affiancare Abdul Carter a Garrett potrebbe essere semplicemente impossibile.
Nel 2025 non si può però sperare di essere competitivi adottando un approccio à la Ravens del 2000, non se ne fa molta di strada con il Trent Dilfer di turno, quindi mi rifiuto di credere che il loro piano sia quello di compensare alla depressione under center con una difesa oltremodo dominante: per questa ragione mi piace credere che qualora non dovesse concretizzarsi lo scambio incentrato su Cousins andranno a selezionare Sanders.
Può darsi che Philadelphia abbia rigenerato Kenny Pickett, ma basandoci su quanto combinato nel biennio a Pittsburgh sarebbe troppo Browns anche per i loro standard presentarsi ai cancelli di partenza a settembre con Pickett titolare.
L’effetto domino innescato dalla passività dei Titans si è ripercosso con particolare violenza sui New York Football Giants che, in un paio di giorni, sono andati ad aggiungere non uno, ma ben due quarterback: prima Jameis Winston e poi Russell Wilson.
Rispondo subito all’eventuale domanda: no, dubito fortemente che ci sarà una competizione estiva per decretare il titolare, nel 2025 i Giants dovrebbero essere la squadra di Russell Wilson.
New York aveva indubbiamente bisogno di due quarterback poiché affacciarsi alla regular season con Tommy DeVito in qualità di unico backup era impensabile.
La squadra blu della non-capitale si è autoesclusa dalla corsa ad Aaron Rodgers dando prova di apprezzabile dignità dato che assecondare i capricci del più grande egomaniaco della NFL sarebbe stato troppo anche per loro. Ripiegare su Wilson è a suo modo saggio perché il 2025 sarà verosimilmente un anno da dentro o fuori per l’accoppiata Daboll-Schoen che, a questo punto, non può nemmeno sognarsi di sopravvivere a un’altra stagione dal record più che negativo.
L’esperienza di Wilson dovrebbe tenerli al riparo dai turnover che hanno scandito l’era di Daniel Jones e che sono costati loro troppe partite.
Il sempre più probabile matrimonio fra Ward e i Titans unito all’evidente bisogno di Cleveland di selezionare un quarterback potrebbe lasciarli col cerino in mano - ci sono cerini peggiori di “Abdul Carter”, detto fra di noi - e giustamente chi di dovere si è tutelato ripiegando sull’opzione più sicura possibile.
Non mi sento tuttavia di escludere l’aggiunta di un altro quarterback via draft, nello specifico Shedeur Sanders che, in tal caso, sarebbe verosimilmente condannato a un 2025 d’apprendistato alle spalle di Wilson in quanto, come già detto, la priorità del coaching staff sarà quella di salvare il posto e malgrado tutto al momento sono piuttosto convinto che Wilson garantisca a New York il maggior upside per il 2025 - non sicuramente per il lungo termine.
Lo scenario da sogno coinciderebbe con quello in cui i Marroni vanno a spendere la seconda scelta assoluta per Carter facendo così scivolare Sanders a New York, ma sia quello che sia sono stati saggi a tutelarsi.
La più grande delusione, se così si può chiamare, risiede in AFC North, luogo fatato nel quale gli un tempo rispettabili Steelers hanno deciso di piegarsi ai ricatti emotivi di Aaron Rodgers che, più bramoso di attenzioni che mai, sta tentando di restare aggrappato alla rilevanza tenendo sulle spine una delle franchigie più blasonate di questa lega.
Una semplice constatazione ci dice tutto quello che dobbiamo sapere su Aaron Rodgers: in questo biennio è riuscito a far passare per parte lesa i Jets. Ebbene sì, per la prima volta da non so quando i New York Jets hanno fatto la figura della franchigia saggia e risoluta mostrandogli la porta alla prima occasione buona. È incredibilmente raro il concorso di colpa quando si parla di fallimenti dei Jets, ma Rodgers è riuscito a rendere possibile pure un’impresa del genere.
Su ciò che è diventato Aaron Rodgers è già stato detto di tutto e, malgrado la storica rivalità con la mia squadra del cuore, mi trasmette genuina tristezza vederli così disperati da ritenere questa versione di Rodgers la miglior speranza in vista della prossima stagione.
Sappiamo fin troppo bene quanto sia difficile giocare in modo funzionale ai Jets, ma il quarterback visto in campo nel 2024 è una sbiadita copia del quattro volte MVP che ci ha collettivamente ammaliati con lanci impossibili da replicare da qualsiasi altro collega. Così lento da essere irritante, inconsapevole nella tasca e più che mai incline al checkdown, durante lo scorso autunno è apparso per quello che è, un quarantenne ancora rilevante esclusivamente grazie al proprio cognome.
Affidarsi a Rodgers non solo esporrebbe lo spogliatoio al sempre concreto rischio di implosione, ma fra un anno - massimo due - li costringerebbe a ripartire da capo con la spasmodica caccia a qualcuno in grado di dirigere in modo perlomeno funzionale un attacco NFL. Vale la pena addossarsi tutta questa tossicità per una stagione da nove-dieci vittorie con il solito epilogo?
La sua eventuale firma mi saprebbe da canto del cigno di Mike Tomlin, allenatore indubbiamente leggendario il cui ciclo, però, sembra essere finito da un pezzo. Per carità, molto bella la striscia all’attivo di stagioni concluse con un record positivo, ma Pittsburgh a questo punto mi ricorda sempre più da vicino i Bengals di Marvin Lewis, perennemente ai playoff per poi fare da sparring partner alle squadre che avrebbero fatto strada. A mio avviso sarebbe stato decisamente meglio rivolgersi nuovamente a Justin Fields, anche solo per una mera questione anagrafica.
A proposito di Justin Fields, la situazione si può definire disperata quando i New York Jets passano per squadra avveduta.
Non voglio in alcun modo affermare che Justin Fields diventerà la risposta sul lungo termine, resto ancora tremendamente inquietato dalla persistenza dei suoi limiti tecnici dopo tutti questi anni fra i professionisti, ma se non altro ha talento ed età per elevarsi a possibile franchise quarterback di una franchigia da decenni alla ricerca di stabilità nella posizione più importante del gioco.
L’investimento è più che ragionevole - biennale dal valore massimo di 40 milioni di dollari - e, con un po’ di fortuna mixata a molto impegno, New York potrebbe essersi garantita una soluzione per il futuro: in caso di fallimento non succederebbe niente, i Jets continuerebbero a essere i Jets e dopo un anno potrebbero tagliare i ponti senza congestionare lo spazio salariale per il futuro.
Il più grande investimento dovrà però essere di carattere filosofico, in quanto affinché l’esperimento Fields produca esiti soddisfacenti sarà imprescindibile che chi di dovere costruisca un sistema offensivo in grado di occultarne i palesi punti deboli: non sarà facile ma, ripeto, con impegno e serietà New York potrebbe aver trovato qualcosa.
Di Geno Smith a Las Vegas vi ho detto tutto quello che avevo da dirvi un paio di settimane fa e, da allora, la mia opinione non è minimamente mutata: Carroll si è voluto affidare a un quarterback - e, non secondario, a un essere umano - con il quale è in piena sintonia e che verosimilmente lo aiuterà a infondere il proprio credo tecnico e filosofico al resto della squadra nel minor tempo possibile.
Per sostituire Smith Seattle si è assicurata il prodotto più pregiato disponibile in questa finestra di mercato, ossia il rigenerato Sam Darnold.
Molti sono rimasti confusi dalla scelta del front office dei Seahawks di abbandonare la stabilità garantita da Smith per puntare sul potenziale - e sull’età - di Darnold che, ricordiamolo, lo scorso anno è stato protagonista di un’annata da sogno anche grazie all’imprescindibile contributo di un supporting cast d’impareggiabile brillantezza.
Per prima cosa, Darnold sarà naturalmente chiamato a confermarsi sui livelli visti negli ultimi mesi del 2024 mettendo in chiaro che la sua rinascita non sia stata figlia del caso - o del contesto.
Dopo gli addii di Metcalf e di Lockett la batteria di ricevitori a sua disposizione è capitanata dal recentemente esploso Smith-Njigba e dal neoarrivato Cooper Kupp i cui giorni migliori sembrano appartenere a un passato remoto piuttosto che prossimo, quindi sarà interessante vedere cosa sarà in grado di fare in un attacco che non può contare su un mostro sacro come Justin Jefferson affiancato da giocatori di spessore come i vari Jordan Addison e T.J. Hockeson.
Come già anticipato, di Darnold intrigano età e potenziale e, qualora dovesse riuscire a confermarsi sui livelli dello scorso anno, Seattle potrà guardare al futuro con una serenità ben maggiore di quella garantita dall’approccio anno-per-anno adottato con Smith.
Non voglio spendere troppe parole sulla comica decisione di Indianapolis di rivolgersi a Daniel Jones per dare lo sveglione ad Anthony Richarson: cos’è successo alla franchigia che fino a non troppo tempo fa poteva fregiarsi dell’onor di aver rimpiazzato Peyton Manning con Andrew Luck?
Questa è una domanda a cui so rispondere: si è ritirato Andrew Luck.
So di averlo già detto in diversi articoli, ma la paradossale situazione dei Colts evidenzia con brutale efficacia l’importanza assoluta di un franchise quarterback non solamente in qualità di quarterback, ma in qualità di stabilizzatore di una franchigia capace di conferirle coerenza e una direzione per il futuro. Un progetto tecnico non può definirsi tale senza un quarterback perlomeno sopra la media.
Vi confesso che la prospettiva di trovarmi costretto a commentare le battaglie estive fra Richardson e Jones mi stampa un enorme sorriso sul viso… anche se mi preme ricordare che l’ultima volta che abbiamo deriso un testa a testa under center durante il training camp la nostra arroganza è stata punita dall’inaspettata resurrezione di Geno Smith a Seattle.
In un mondo in cui il matrimonio fra Steelers e Rodgers è cosa fatta, i migliori free agent rimasti sul mercato rispondono ai poco esaltanti nomi di Joe Flacco, Carson Wentz, Drew Lock e dell’inespresso Trey Lance: troppa abbondanza, davvero - Joe Flacco è naturalmente immune al mio sarcasmo.
Insomma, nomi poco esaltanti che fanno pendant con un mercato triste e asettico tenuto vivo solamente dalla voglia di attenzioni di Aaron Rodgers a cui, credo, dobbiamo essere collettivamente grati.
Bene, se siete arrivati fino a questo punto siete ufficialmente belle persone, vi saluto, vi auguro una buona giornata e settimana e, per favore, iscrivetevi a 'sto maledetto sito - che sito non è.
Giusto il paragone tra Purdy a Prescott: San Francisco farà la fine di Dallas.
Dove avevano paura che andasse?
A perdere il Super bowl ci sono andati pure con Garoppolo e Kaepernick, poi cacciati a calci in culo