I migliori draft del ventunesimo secolo NFL
Proseguiamo la marcia d'avvicinamento al draft NFL parlando delle migliori classi di questo secolo
Il draft del 2017 New Orleans Saints
Giocatori selezionati: Marshon Lattimore, CB (11); Ryan Ramczyk, OT (32); Marcus Williams, S (42); Alvin Kamara, RB (67); Alex Anzalone, LB (76); Trey Hendrickson, EDGE (103); Al-Quadin Muhammad, EDGE (196).
Prima di parlarvi di giocatori, un paio di numeri.
Fra 2013 e 2016 New Orleans accumulò un record complessivo di 32-32, o se preferite la definizione di mediocrità. In quegli anni la squadra di Payton continuava imperterrita a macchiarsi di uno dei più esecrabili crimini di cui io sia stato testimone da quando seguo la NFL, ossia sprecare la storica produttività di Drew Brees.
Fra 2017 e 2020 il record complessivo dei Saints fu di 49-15, il migliore di tutta la lega durante questo intervallo temporale: cos’è successo nel mentre?
Il draft del 2017.
Per quanto criticare ogni scelta del front office dei Saints resti una delle cose che più mi sa mettere in pace col mondo, penso che la loro pesca del 2017 possa avanzare una legittima candidatura come miglior draft di tutti i tempi, anche se purtroppo per loro manca la controprova di un anello.
Non hanno sbagliato mezza chiamata.
Il principale sospetto dietro i continui sprechi di brillantezza di Drew Brees è stato per anni un reparto difensivo che, di fatto, costringeva l’attacco a una perfezione che spesso sfociava nell’utopia della Zemanlandia: per vincere New Orleans era tassativamente costretta a segnare un punto in più degli avversari - che, in media, ne mettevano a tabellone veramente tanti.
Inserire il draft del 2017. Lattimore si è da subito affermato come uno dei migliori cornerback della lega, Anzalone come un affidabile linebacker titolare in grado di dirigere il traffico con efficienza, mentre Hendrickson dopo qualche tentennamento iniziale è sbocciato affermandosi come uno dei pass rusher più costanti della lega. Mi rendo conto che compendiare l’avventura ai Saints di Marcus Williams con il Minneapolis Miracle sia così facile da apparire obbligatorio, ma vi prego di fare attenzione, nelle cinque stagioni in Louisiana Williams ha garantito una costanza di rendimento più che invidiabile.
A Ramczyk è bastato un misero training camp per trasformarsi in un pilastro di quella che ai tempi era unanimemente vista come una delle migliori O-line della lega, mentre comprendere l’impatto di Alvin Kamara potrebbe risultare difficile in un periodo storico nel quale le parole “running” e “back” ci inducono la nausea, ma se chiudete gli occhi e pensate al backfield a cui dava vita con Mark Ingram sono abbastanza convinto che, una volta riaperti, non riuscirete a impedire ad almeno una lacrima di rigarvi il viso.
Negli ultimi anni il suo rendimento è calato drammaticamente, ma l’inimitabile mix di versatilità ed esplosività del numero 41 dei Saints ci regalava settimanalmente un paio di giocate mai viste prima. Nel solo 2017 quei due produssero quasi 3100 yard dallo scrimmage e 25 touchdown totali.
Il dimenticato Al-Quadin Muhammad si è invece ritagliato una carriera assolutamente soddisfacente per un ragazzo selezionato al sesto round del draft.
In un solo draft New Orleans si è garantita un lustro di competitività che, purtroppo, non è culminato in un Lombardi.
Il draft del 2010 dei Seattle Seahawks
Giocatori selezionati: Russell Okung, OT (6); Earl Thomas, S (14); Golden Tate, WR (60); Walter Thurmond, DB (111); E.J. Wilson, EDGE (127); Kam Chancellor, S (133); Anthony McCoy, TE (185); Dexter Davis, LB (236); Jameson Konz, TE (245).
Roma non è stata costruita in un giorno…
Il draft del 2012 dei Seattle Seahawks
Giocatori selezionati: Bruce Irvin, EDGE (15); Bobby Wagner, LB (47); Russell Wilson, QB (75); Rubert Turbin, RB (106); Jaye Howard, DT (114); Korey Toomer, LB (154); Jeremy Lane, CB (172); Winston Guy, DB (181); J.R. Sweezy, DT (225); Greg Scruggs, EDGE (232).
… ma in un paio di draft.
Non ho inserito quello del 2011 altrimenti mi avrebbero monopolizzato l’articolo, ma quanto fatto fra 2010 e 2012 da Pete Carroll e John Schneider dovrebbe essere schematizzato, stampato, diffuso e infine studiato da ogni aspirante general manager: quando si parla di costruzione sostenibile di un roster quello dei Seahawks della Legion of Boom deve essere il primo esempio citato.
Che poi la Legion of Boom deve essere vista come sineddoche, perché come vedrete nelle prossime righe non si sono limitati ad aggiungere quattro defensive back particolarmente talentuosi e complementari fra di loro.
Le prime due chiamate in assoluto di Schneider come GM di Seattle sono state Russell Okung ed Earl Thomas, il left tackle con cui hanno vinto il Super Bowl e uno dei migliori free safety del ventunesimo secolo, ma andiamo oltre. Golden Tate in poco tempo si è affermato come uno dei ricevitori più produttivi e affidabili della lega, Walter Thurmond si è velocemente guadagnato un posto nella rotazione difensiva e, poi c’è lui, il “boom” della legione, Kam Chancellor.
Chi di Seahawks ne sa davvero parla di lui come del giocatore più importante in assoluto della squadra, l’enforcer che con la propria fisicità aveva reso impraticabile il centro del campo - se si voleva tornare a casa tutti d’un pezzo - nonché leader del reparto, colui che permetteva a Earl Thomas di concentrarsi quasi esclusivamente sul pallone - e di non essere preso a pugni dai compagni esasperati da un carattere che come abbiamo avuto modo di evincere dall’epilogo della sua carriera era piuttosto impegnativo.
Nel 2012 il front office di Seattle ha completato il capolavoro donando a una difesa sprecata un quarterback in grado di non vanificarne il lavoro e, soprattutto, quella meraviglia di giocatore che risponde al nome di Bobby Wagner. Durante il secondo giorno del draft questi si sono garantiti un totale di 18 Pro Bowl - che pur non contando niente… vabbè, mi contengo, ormai lo ribadisco ogni volta.
Tutto ciò senza dimenticare Bruce Irvin, giocatore che resta a mio avviso criminalmente sottovalutato.
Per completezza mi trovo costretto a farvi presente che fu il 2011 l’anno in cui selezionarono Richard Sherman e Byron Maxwell, la coppia di cornerback che ha dato manforte all’impareggiabile tandem di safety.
Insomma, in un paio di draft un front office alle prime armi ha assemblato una corazzata che, pur non potendo vantare il numero di anelli necessario per parlare di dinastia, ci ha regalato una delle squadre più iconiche di tutti i tempi.
Ne avevo parlato qua dai fratelli di Huddle qualche anno fa - sono già passati tre anni da questo articolo? È proprio vero, il tempo vola quando si sta sprecando la propria esistenza.
Il draft del 2018 dei Baltimore Ravens
Giocatori selezionati: Hayden Hurst, TE (25); Lamar Jackson, QB (32); Orlando Brown Jr., OT (83); Mark Andrews, TE (86); Anthony Averett, CB (118); Kenny Young, LB (122); Jaleel Scott, WR (132); Jordan Lasley, WR (162); DeShon Elliott, S (190); Greg Senat, OT (212); Bradley Bozeman, C (215); Zach Sieler, EDGE (238).
Il draft che ha salvato i Baltimore Ravens dalla spirale di mediocrità e inerzia che li aveva risucchiati dopo aver vinto il Super Bowl a termine della stagione 2012.
Di Lamar Jackson vi ho già parlato qualche giorno fa e mi rendo conto che cantarne nuovamente le imprese mi farebbe passare per petulante fanboy, ma a rendere speciale questo draft non è stato solamente il franchise quarterback selezionato con l’ultima scelta al primo round, ma quanto fatto al terzo: in poco più di un quarto d’ora di vita reale Baltimore ha messo le mani su due giocatori che in pochissimi anni si sarebbero affermati come due fra i migliori interpreti della propria posizione.
L’avventura di Orlando Brown Jr. in Maryland è durata - troppo - poco, ma in un paio d’anni ha completato la metamorfosi da bust alle NFL Combine - il giocatore che mi ha costretto a smettere di dar loro qualsivoglia importanza - a ottimo tackle, uno che dal 2018 a oggi ha preso parte a quattro Pro Bowl consecutivi, vinto un Super Bowl e ricevuto il contratto della vita dai Cincinnati Bengals. Il fortunello durante il corso della propria carriera ha dovuto proteggere prima Lamar Jackson, poi Patrick Mahomes e infine Joe Burrow: poteva andargli decisamente peggio.
L’unico difetto che so trovare a Mark Andrews è che aumenti i rimpianti su Hayden Hurst visto che con la 25esima scelta assoluta Baltimore avrebbe potuto aggiungere Calvin Ridley - selezionato dai Falcons con la 26: Hurst è indubbiamente un buon giocatore ma l’esplosione di Andrews lo ha condannato a un ruolo secondario.
Ci sono ottime probabilità che entro la fine della prossima stagione - salute permettendo - Andrews si guadagni il titolo di leader all-time per touchdown e yard ricevute da un giocatore dei Ravens. Mica male per un ragazzo selezionato al terzo round.
Definire deludente la coppia di ricevitori Lasley e Scott sarebbe un eufemismo visto che i due hanno cumulativamente ricevuto due passaggi per 22 yard, ma per loro fortunatamente l’allora GM Newsome ha avuto modo di rifarsi andando togliere dal tabellone Elliott, Bozeman e Sieler, tutti e tre ottimi titolari che non stanno avendo alcun problema a trovare un posto a roster a settembre.
Il draft del 2004 degli Arizona Cardinals
Giocatori selezionati: Larry Fitzgerald, WR (3); Karlos Dansby, LB (33); Darnell Dockett, DT (64); Alex Stepanovich, C (100); Antonio Smith, EDGE (135); Nick Leckey, C (167); John Navarre, QB (202).
La base sulla quale è stata costruita una squadra che non troppi anni dopo sarebbe arrivata a tanto così da vincere il Super Bowl.
Larry Fitzgerald è un unicorno - non come Kyle Pitts - per vari motivi, primo fra tutti una fedeltà spesso confondibile con ostinata stupidità. Per chi non lo sapesse, la leggenda dei Cardinals ha trascorso tutta la carriera nel deserto preferendo ricevere passaggi dai vari Kolb, Stanton e Skelton piuttosto che andare ai Patriots a vincersi comodamente uno o più Super Bowl. Tutto in nome della lealtà.
Ma la bontà del loro draft va ben oltre la facilmente comprensibile scelta di investire una scelta nella top three su colui che avrebbe terminato la carriera al secondo posto all-time per yard ricevute dietro l’inarrivabile Jerry Rice.
In un solo draft i Cardinals si garantirono tre titolari in difesa che, in momenti più o meno diversi della carriera, sono stati fra i migliori nel proprio ruolo - iperbolico con Antonio Smith, ma concedetemelo.
Di Karlos Dansby si parla decisamente troppo poco e questa cosa non smetterà mai di innervosirmi: com’è possibile che il settimo giocatore nella graduatoria all-time per solo tackle non sia stato convocato nemmeno a un Pro Bowl?
Seppur non ai livelli di Fitzgerald, pure Darnell Dockett può essere considerato come un’icona di questa franchigia avendoci trascorso tutta la carriera. Non si sta sicuramente parlando di Aaron Donald, ma Dockett è passato alla storia come uno degli inestimabili defensive tackle con il vizio del sack.
Antonio Smith, invece, gli anni migliori della carriera potrebbe averli trascorsi ai Texans, tuttavia quando un giocatore selezionato al quinto round mette insieme una carriera di dodici anni - e un Pro Bowl - mi risulta impossibile non parlare di successo.
Se solo Santonio Holmes non fosse riuscito ad allungare i piedi à la Space Jam…
Il draft del 2001 dei San Diego Chargers
Giocatori selezionati: LaDainian Tomlinson, RB (5); Drew Brees, QB (32); Tay Cody, DB (67); Carlos Polk, LB (112); Elliott Silvers, OT (132); Zeke Moreno, LB (139); Brandon Gorin, OT (201); Robert Carswell, DB (244).
Quando le prime due scelte di un tuo qualsiasi draft diventano due Hall of Famer puoi stare certo che non faticherai a trovare spazio in un articolo del genere.
Tomlinson è stato il miglior running back del ventunesimo secolo, Brees un quarterback che ha ridefinito i concetti di efficienza e produttività modellandoli a propria immagine e somiglianza.
Il draft del 2010 dei Pittsburgh Steelers
Giocatori selezionati: Maurkice Pouncey, C (18); Jason Worilds, EDGE (52); Emmanuel Sanders, WR (82); Thaddeus Gibson, EDGE (116); Chris Scott, G (151); Crezdon Butler, DB (164); Stevenson Sylvester, LB (166); Jonathan Dwyer, RB (188); Antonio Brown, WR (195); Doug Worthington, DT (242).
Un draft che ci mette davanti alla più grande peculiarità degli Steelers, ossia la leggendaria abilità nel trasformare pressoché chiunque in un ricevitore di successo.
Pittsburgh è diventata una fucina di wide receiver: apparentemente ogni anno riescono a sfornare almeno un nuovo ricevitore titolare. Investendoci pochissimo - una scelta al terzo e una al sesto round - si sono portati a casa Emmanuel Sanders e Antonio Brown, una coppia che negli anni giusti sarebbe risultata inarrestabile.
Penso siate consapevoli del valore di due ricevitori che hanno aiutato le proprie squadre a vincere un Super Bowl e che, soprattutto, hanno macinato migliaia su migliaia di yard.
Ma questa classe va ben oltre i due giocatori appena citati. Non credo di esagerare definendo Maurkice Pouncey uno dei migliori centri di questo giovane secolo: se non vi fidate mi basta farvi presente che sia stato selezionato come centro nella squadra ideale della scorsa decade.
Jason Worilds, invece, poteva diventare l’ennesima storia di successo ambientata nella sempre temibile difesa di Pittsburgh, ma una volta diventato free agent ha deciso di appendere armatura ed elmetto al chiodo per dedicarsi a Geova. Non giudico.
Dwyer e Sylvester hanno avuto i loro momenti, ma questa classe per trovare un posto qua dentro non ha sicuramente bisogno di profondità visto il surplus di talento appena cantato.
Altri presi in considerazione
Il draft del 2016 dei Dallas Cowboys: Prescott e Zeke nello stesso draft? In un paio di giorni hanno costruito il post-Romo;
Il draft del 2023 degli Houston Texans: troppo presto, lo so;
Il draft del 2020 dei Cincinnati Bengals: qua devo essere sintetico, perciò mi limito a fornirvi un paio di nomi. Joe Burrow, Tee Higgins e Logan Wilson. Ho detto abbastanza;
Il draft del 2006 dei Denver Broncos: con Jay Cutler è andata com’è andata, ma Brandon Marshall ed Elvis Dumervil sono stati fra i migliori interpreti della propria posizione per diversi anni;
Il draft del 2007 dei San Francisco 49ers: Patrick Willis, Joe Staley e Dashon Goldson. Parte del nucleo su cui Harbaugh ha costruito una contender.