Considerazioni sul rinnovo di contratto di Brock Purdy
Nel weekend è arrivato il rinnovo di contratto più scontato in assoluto, quello che legherà Purdy ai 'Niners per i prossimi cinque anni
Con un po’ di ritardo, ma eccomi qua. No, non mi servirò della paraculatio maxima del genere che mi son preso del tempo per ragionare in modo da poter scrivere con maggior lucidità, durante il weekend non ho avuto il tempo materiale per mettermi al computer a digitare le suppergiù-1500-parole-sindacali con cui liquido ogni articolo: anche perché, diciamolo, chiunque era perlomeno al corrente che più prima che poi Brock Purdy avrebbe firmato il rinnovo con i suoi - ora un po’ di più - San Francisco 49ers.
Se siete stati colti di sorpresa le ipotesi sono due: o leggete troppo poco il sitarello - che sito continua a non essere - matiofubol, o siete teneramente ingenui.
Voci di corridoio dicono che non esistano differenze fra le due opzioni, ma andiamo avanti.
Per almeno una riga permettetemi di fare il bravo giornalista spiattellando i vari numeri così da rispondere alle cinque doppievù del giornalismo: i destini di Purdy e dei San Francisco 49ers resteranno intrecciati per i prossimi cinque anni grazie a 265 non assolutamente impressionanti milioni di dollari - di cui 181 milioni garantiti.
I 265 milioni totali gli valgono il quinto posto per valore complessivo del contratto, mentre la media di 53 milioni all’anno il settimo alla pari con Jared Goff: questo allineamento mi fa sorridere poiché, di tanto in tanto, mi piace pensare a Purdy come a una versione meno talentuosa del franchise quarterback dei Lions.
So che una parte di voi si sarà strappata i capelli e che un’altra avrà celebrato la firma con un brindisi a base di ammoniaca, ma a mio avviso questa firma era inevitabile - principalmente perché il GM John Lynch durante il corso della offseason ha ribadito a più riprese l’intenzione di mettere nero su bianco il prolungamento della convivenza.
Il contratto firmato nel fine settimana da Brock Purdy ci ribadisce qualcosa che già sappiamo e che ci è stato seccamente ribadito dalle firme dei vari Lawrence e Tagovailoa, ossia che la stabilità under center non abbia mai pagato così lautamente.
Rileggete la frase che ho appena digitato: stabilità, non eccellenza.
Mai come in questo periodo storico, infatti, le squadre sono disposte a sacrificare una fetta altrettanto consistente del proprio spazio salariale per garantirsi continuità nella posizione più importante del gioco.
A noi comuni mortali farà sempre e comunque effetto leggere 53 cinquantatré CINQUANTRÉ milioni di dollari perché le nostre menti non sono state concepite per metabolizzare numeri del genere, ma dobbiamo mettere a fuoco il fatto che i 50 milioni all’anno per un quarterback siano stati sdoganati da tempo: al momento sono ben dieci i quarterback a guadagnarne in media così tanti - grassetto perché questo è spesso un numero fuorviante e vuoto.
Solamente uno, il ben supportato Jalen Hurts, può vantare un anello: ma quindi tutti i general manager sono improvvisamente diventati idioti?
No, affatto. Cifre del genere testimoniano piuttosto che il mercato sia esploso dal momento in cui chiunque ha realizzato che senza un quarterback perlomeno di qualità non si va davvero da nessuna parte - per maggiori informazioni chiedete ai Pittsburgh Steelers che per un Purdy qualsiasi sarebbero disposti a investire anche 60 milioni all’anno.
Permettetemi di aggiungere che non sono solamente questi contrattoni a metterci davanti all’irrazionalità indotta dalla bramosia di quarterback: pensate alle trade.
Pensate ai vari Deshaun Watson e Russell Wilson.
Pensate ai contratti dati a gente come Derek Carr e Daniel Jones.
Pensate all’enorme investimento compiuto dai Falcons per convincere un convalescente - e ai tempi trentacinquenne - Kirk Cousins ad abbandonare Minneapolis per trasferirsi ad Atlanta.
Pensate ai bancali di pick che oramai qualsiasi front office sacrifica per scalare il tabellone al draft e mettere le mani su quello che non solo sarà l’ennesimo quarterback del futuro, ma finalmente quello giusto.
Pensate alla situazione in cui versa una franchigia storica e rispettata come Pittsburgh, tenuta in ostaggio dai capricci di un Aaron Rodgers sempre più interessato e anziano: pensate a dove sarebbero arrivate le ultime versioni degli Steelers con un quarterback decente.
Una volta che avete portato a termine l’itinerario da me appena delineato ve la sentireste ancora di definire folle il contratto di Brock Purdy?
Che i meccanismi che regolano il mercato dei quarterback siano perlomeno irrazionali è lapalissiano da tempo, ma questa disperazione non va sicuramente rinfacciata a Brock Purdy, quarterback che fino all’altro ieri ha giocato sostanzialmente gratis in quanto sfornato dal settimo round del draft.
Prima dell’orribile 2024 suo e dei sfortunatissimi 49ers, poteva vantare un record di 17-4 in regular season e di 4-2 in postseason: durante il mese di gennaio il disgraziato ha raccolto più vittorie dei vari Lamar Jackson - ahimé -, Tua Tagovailoa, Justin Herbert, Jordan Love, Trevor Lawrence e Dak Prescott.
Tra gli altri.
Una delle critiche più comuni rivolte a Purdy è incentrata sulla brillantezza del supporting cast a sua disposizione: è colpa sua se è ben allenato e se chi di dovere gli ha allestito attorno un’infrastruttura di livello?
Sarebbe infinitamente stupido - e a suo modo meschino - rinfacciargli gli addii di Samuel, di Banks e dei tantissimi difensori che sono svernati verso altri lidi per incassare i contratti della vita; chiunque con un briciolo di buonsenso era al corrente dell’insostenibilità sul lungo termine del roster dei 'Niners che, sorpresa sorpresa, era così profondo principalmente a causa del contratto da rookie di Purdy.
Con QB mediocri come Carr - o il Cousins del 2024 - un roster del genere non se lo sarebbero potuti nemmeno sognare e avrebbero quasi sicuramente vinto meno partite.
Purdy non è in nessun piano del reale uno dei quarterback più talentuosi della lega, ma nel corso della sua breve avventura fra i professionisti ha dimostrato di poter far girare a buon livello un reparto offensivo diretto da Kyle Shanahan: ripeto, non è colpa sua se per anni ha potuto contare su mostri after the catch capaci di guadagnare a proprio piacimento 20 yard da un banalissimo screen pass.
Cosa doveva fare? Cercare ostinatamente la profondità per dimostrare il proprio valore pur avendo a disposizione gente come Deebo Samuel che macina(va?) yard rimbalzando fra gli avversari come una pallina impazzita nel flipper?
Non sono qua a fare la perorazione di Brock Purdy nel tentativo di spacciarvelo come il nuovo Tom Brady ma, esattamente come lo è stato Brady per anni, viene spesso accusato di essere un quarterback da dink and dunk, uno che i propri canestri li segna esclusivamente da sotto il ferro e non da metà campo come Curry o Lillard: nonostante tutto non troppo tempo fa era arrivato a tanto così dal Lombardi, fatto di vita di cui i vari Jackson, Allen, Herbert e compagnia cantante non possono fregiarsi.
Ovviamente nel testa a testa con i Kansas City Chiefs era apparso inadeguato al cospetto di sua maestà Patrick Mahomes, ma non prendiamoci in giro, chi non lo è davanti al cuore pulsante della dinastia di questa generazione?
Se l’asticella è diventata Patrick Mahomes possiamo smettere di commentare questo sport e dedicarci a qualcos’altro dal momento che il 15 dei Chiefs batte sistematicamente mostri sacri come Lamar Jackson e Josh Allen.
Brock Purdy è un buon quarterback, un buon braccio che dà forma e struttura ai pensieri di Kyle Shanahan, un ragazzo costruitosi da solo che ha salvato il posto di lavoro a coaching staff e general manager dopo l’abbaglio preso con Trey Lance.
Non è il più forte, il più atletico o il possessore del braccio più talentuoso della lega, ma ha ampiamente dimostrato di saper dare continuità a una superpotenza della NFC… nelle condizioni ideali, chiaramente.
Quando queste vengono meno San Francisco è probabilmente condannata ad annaspare per trovare un posticino ai playoff, ma sono convinto che sarebbero stati ben pochi i quarterback capaci di mungere successo da un roster falcidiato dagli infortuni come lo è stato lo scorso anno quello ubicato nella Baia.
Non c’è niente di scabroso o anche solo di sorprendente nel contratto firmato da Brock Purdy, tutt’altro: queste cifre erano ampiamente prevedibili, mi sarei stupito solamente davanti all’abbattimento del muro dei 60 milioni all’anno - più per una questione simbolica che per altro.
Questo contratto non fa altro che tenere in movimento gli invisibili meccanismi che regolano il mercato dei quarterback e Purdy, se così si può dire, non è altro che l’ennesima ricchissima, fortunatissima e sistemata-per-la-vita vittima.
Purdy non potrà che migliorare! Questa frase me la sono "tatuata" come un mantra per i prossimi 5 anni.... non ci resta altro!
Quello che hai scritto è tutto giustissimo. Ma io ancora non ho capito cosa Lynch e Shanahan avevano visto in Lance che poi, a causa della sempre crudele dea degli infortuni, non è stato. Perché se un QB selezionato alla terza scelta assoluta, da sano, è più scarso di un mr irrilevant, allora io di football americano non capirò mai, e poi mai, una beata minkia!
Ma infatti è tutto giusto, la curiosità sta solo nel vedere come ne usciranno. E come ho spesso detto la loro finestra se la sono giocata, e più di una volta.
Mi manca il football