Comprendere la decisione degli Atlanta Falcons al draft NFL
Proviamo a comprendere le ragioni che hanno spinto i Falcons a selezionare Michael Penix Jr. al primo round del draft NFL
Credevamo di avercela fatta, tutto stava andando secondo i piani. Per una volta il draft NFL non sembrava intenzionato a sbugiardare i nostri mock.
Caleb Williams ai Bears, facile, Jayden Daniels ai Commanders, meno facile ma comunque facile, Drake Maye ai Patriots, ovvio, e naturalmente Marvin Harrison Jr. ai Cardinals. Tutto come previsto.
In quanto squadra di Jim Harbaugh, i Chargers hanno fatto del loro meglio per toglierci la sedia da sotto il sedere selezionando Joe Alt e non un ricevitore come credevamo. Ripeto, i Chargers sono la squadra di Jim Harbaugh, era plausibile che optassero per i muscoli, la tecnica e l’indescrivibile sicurezza che solo il miglior offensive lineman di un draft sa regalarti. Insieme a Rashawn Slater andrà a formare una coppia da sogno. Approvo.
La scelta dei Chargers ha innescato un prevedibile effetto domino che si è compendiato con Malik Nabers ai Giants e JC Latham ai Titans - lo sapevano anche i muri che con la settima scelta assoluta i Titans si sarebbero portati a casa un offensive tackle.
A quel punto le strade per i Falcons erano infinite. Dopo aver iniettato centinaia di milioni di dollari nei rinvigoriti vasi del reparto offensivo, molti si aspettavano che fossero proprio loro a togliere dal board il primo - e si presuppone migliore - difensore. Oppure potevano rincarare la dose e ampliare l’arsenale a disposizione di Kirk Cousins regalandogli Rome Odunze, giocatore che in più della metà degli ultimi dieci draft sarebbe stato unanimemente considerato il miglior ricevitore disponibile.
Provate a immaginare un reparto offensivo con quella linea d’attacco che protegge un quarterback che o dà l’handoff a un fenomeno come Bijan Robinson o distribuisce il pallone ai vari Drake London, Darnell Mooney, Kyle Pitts e ora pure Rome Odunze.
Niente di tutto ciò. Come già sapete i Falcons in un paio di sillabe hanno polverizzato ogni possibile mock draft compilato su questo pianeta investendo una fondamentale scelta nella top ten per Michael Penix Jr. da Washington, quarterback.
Un quarterback.
Un quarterback? Un quarterback dopo aver ammirato entusiasti Kirk Cousins apporre il proprio nome su un contratto quadriennale dal valore totale di 180 milioni di dollari?
Un quarterback che non era nemmeno stato fra i 30 prospetti ad aver visitato il quartier generale dei Falcons nei mesi che hanno preceduto la tre giorni di Detroit?
Sì, Atlanta ha dato il via all’era Cousins selezionando proprio un quarterback.
Immagino che sia alquanto complicato avvilire professionalmente un individuo che in carriera ha guadagnato quasi 300 milioni di dollari, ma reputo bizzarra la strategia che ha spinto i Falcons ad agire alle spalle del nuovo franchise quarterback.
Cousins infatti è stato sorpreso da questa pick tanto quanto potevamo esserlo noi davanti ai nostri televisori. Il front office dei Falcons non gli aveva nemmeno accennato l’interesse nei confronti di Penix, figuriamoci la decisione di investirci sopra l’ottava scelta assoluta in un draft storicamente ricco di gente pronta a contribuire fin da subito - esattamente ciò di cui avrebbe avuto bisogno una squadra che ha appena ingaggiato un quarterback di quasi 36 anni.
Ciò che più mi perplime non è la semplice mancanza di trasparenza, ma l’inspiegabile mancanza di trasparenza con un giocatore per il quale Atlanta si è macchiata di tampering. Lo hanno voluto così tanto da infrangere le regole: in un certo senso li capisco, dopo un anno di alternanza Ridder-Heinicke anche io sarei disposto a contravvenire alla legge pur di mettermi nella miglior posizione possibile per garantirmi un quarterback del genere.
Tenerlo all’oscuro di una scelta così importante, però, equivale a tirarsi la zappa sui piedi. Sia Cousins che Penix continueranno a dire le cose giuste dichiarandosi non infastiditi da una situazione oggettivamente imbarazzante - anche se Cousins è ben più che infastidito e, immagino, nostalgico del Minnesota.
Tagliare Cousins dopo il 2025 implicherebbe 25 milioni di dollari in dead money, cifra sgradevole ma non sicuramente insormontabile - pensiamo per un attimo ai Broncos con Russell Wilson. Tagliarlo dopo il 2026 “solamente” la metà, 12.5 milioni.
Questa situazione ricorda relativamente da vicino quella creata dai Packers selezionando Jordan Love durante il draft del 2020, con l’unica e fondamentale differenza che Cousins debba ancora giocare il primo snap con i Falcons. Mentre fra Rodgers e il front office dei Packers i rapporti si stavano inesorabilmente logorando, teoricamente Cousins e i Falcons stavano ancora attraversando la luna di miele che viene conclusa dai primi tentennamenti in campo.
Penix è un rookie atipico in quanto reduce da ben sei anni di college e, fra una settimana, ventiquattrenne. Inoltre, ha già rimediato due rotture del legamento crociato, non una condanna a morte ma nemmeno il miglior biglietto da visita per un giocatore su cui una franchigia ha investito così pesantemente.
Non ho idea di quali siano i piani dei Falcons.
Non sono sicuro che possano permettersi di tenerlo nella naftalina per tutta la durata del contratto di Cousins, far esordire un quarterback selezionato nella top ten del draft alla dolce età di 28 anni non avrebbe particolarmente senso - ancora meno se si mette a fuoco il fatto di avergli fatto trascorrere l’80% del contratto da rookie in panchina.
Avete presente tutti i ragionamenti con cui ci divertiamo a trastullarci sul primo contratto dei quarterback? Ecco, nella fortunata ipotesi in cui Atlanta dovesse davvero trovarsi fra le mani un fenomeno non potrebbe nemmeno investire con aggressività sul supporting cast, visto che sarebbe costretta a rinnovargli immediatamente il contratto a cifre competitive.
Non mi fido delle dichiarazioni del GM Fontenot secondo le quali sarebbe felicissimo di immaginarlo in panchina per i prossimi quattro anni. Mi sembra più verosimile che Atlanta lo faccia maturare in panchina per i prossimi due per poi mettere alla porta un Cousins trentottenne e consegnargli le chiavi dell’attacco in vista della stagione 2026.
Poi si sa, basta un infortunio per far crollare tutti i castelli che abbiamo collettivamente costruito in questi ultimi giorni. Dovesse succedere qualcosa a Cousins, Penix sarà gettato nella mischia senza esitazioni e a quel punto la situazione si farebbe veramente interessante.
L’unica parte di ragionamento che posso comprendere è quella dell’hic et nunc. A causa dell’imminente ritorno alla competitività, il front office di Atlanta ha realizzato che questa sarebbe verosimilmente stata la miglior opportunità per mettere le mani sul vero quarterback del futuro. In una NFC South storicamente debole Atlanta non dovrebbe avere particolari difficoltà a garantirsi un posto ai playoff e, quindi, una scelta nella colonna destra del tabellone. È tremendamente complicato garantirsi un franchise quarterback con una scelta nella top five, figuriamoci dopo la venti.
Non ho voglia di dare peso ai tanti ragionamenti secondo i quali Penix, indipendentemente dal contesto, non valesse una scelta nella top ten: viviamo in un mondo cui Patrick Mahomes era stato valutato in questo modo.
Resto comunque intrigato dall’intero processo, dalla scelta di investire così aggressivamente su Cousins da arrivare a infrangere le regole, a quella di non metterlo al corrente di una decisione così importante e clamorosa.
Questa chiamata ci ha rivelato che il front office dei Falcons consideri Cousins come un lussuoso, valido, efficiente e costosissimo quarterback-ponte, uno che per i prossimi due/tre anni li ricondurrà alla competitività mentre il buon Penix, nell’ombra, tenterà di apprendere l’arte del franchise-quarterbacking. O una roba del genere.
Malgrado possa darvi l’idea di essere totalmente comprensivo, resto turbato dalla mancanza di consistenza nei loro processi decisionali. È alquanto raro passare in poco più di un mese da una disperata win-now-mode a un approccio nel quale al centro del villaggio al posto della chiesa troviamo le prospettive future di una squadra esasperata dalla mediocrità.
Ci eravamo spellati le mani su come Cousins sarebbe riuscito a spremere il massimo da un roster indubbiamente talentuoso, ora parliamo di lui come di un terzo incomodo qualsiasi.
Se l’unico orizzonte è il presente, avrebbero dovuto selezionare Odunze o il fantomatico pass rusher da diecieppassa sack a stagione di cui questa squadra ha disperatamente bisogno da quasi un decennio.
Se invece stanno guardando al futuro… beh, non ho idea di cos’abbiano intenzione di fare.
Mi dispiace personalmente per Raheem Morris, uomo che ha dovuto pazientare per più di un decennio per godere finalmente di un’altra opportunità come allenatore e che dopo un mese si è trovato al centro di una situazione che promette tossicità, mal di pancia e tanti, troppi spunti narrativi per chi questo sport vuole solo commentarlo.
Perché devono essere sempre i Falcons quelli al centro di vicende bizzarre?
Si potrebbe parlare di scelta a Penix di cane se non fosse che “QB di nome Michael che giocano nei Falcons” e “cani” nella stessa frase portano alla memoria uno di quei ricordi che ogni appassionato di football vorrebbe dimenticare