Come stanno le eliminate al Divisional Round NFL del 2024
Va da sé che le analisi delle sconfitte diventeranno progressivamente più dolorose andando avanti coi playoff
Momento dell’anno oramai inevitabile, purtroppo. Come preannunciato nel riassunto della domenica, oggi ignorerò bellamente l’usuale ordine cronologico per potervi fornire l’analisi dell’immancabile sconfitta dei Baltimore Ravens prima del paywall perché com’è giusto che dia qualcosa ai pazzi che per qualche motivo hanno deciso di spendere soldi reali per abbonarsi a questo sito - che sito non è -, è altrettanto giusto che dia a tutti voi qualcosa che probabilmente volete leggere o per pura pornografia del dolore o per sincero slancio empatico.
Prima però due considerazioni generali veloci: che bello il football di gennaio. Le temperature polari e la neve ci hanno forse messo davanti a football più sciatto del solito - vedasi i DROP - ma è inutile girarci attorno, l’essenza di questo sport la si intercetta pure negli elementi atmosferici che ricoprono ogni partita - ricordate quel Colts contro Bills? - d’uno strato d’epica che sembra averla fatta uscire da un’opera omerica - già, le note nevicate nell’antica Grecia!
La seconda considerazione è invece di natura tecnica e più che una considerazione è un’ovvietà: ai playoff si vive e muore coi turnover.
Tutte le perdenti hanno guadagnato più yard di total offense rispetto alla squadra avversaria ma, Texans a parte, hanno sciaguratamente perso la battaglia dei turnover che è finita per costar loro la stagione. I Texans, che di turnover non ne hanno commesso nemmeno uno, sono stati puniti da errori degli special team e da penalità. Di contro, ogni singola qualificata al Championship Game non ha commesso nemmeno un turnover.
Via il dente via il dolore, dicono: magari.
Oggi vorrei parlarvi di tutto fuorché dei Baltimore Ravens e di Lamar Jackson: preferirei sinceramente discutere di Ecuador, Shai Gilgeous-Alexander o Jannik Sinner ma purtroppo come ogni gennaio mi trovo costretto a trovare delle giustificazioni all’ennesima sconfitta della mia squadra del cuore - mi fa sempre ridere usare questo termine per parlare di un’entità che sta letteralmente a un oceano e a un Mar Mediterraneo da casa mia.
Il punto è uno: non c’è nessuna giustificazione. Baltimore ha semplicemente collezionato l’ennesima sconfitta da Baltimore, una beffa arrivata all’ultimo, con uno scarto minimo e una serie imperdonabile di errori da cui una squadra con questo genere di ambizioni dovrebbe essere immune. Non potete capire quanto sia odioso disporre costantemente dell’opportunità puntare il dito contro determinati episodi che hanno incanalato la partita in una direzione piuttosto che in un’altra.
Ogni singola sconfitta inanellata nel corso della stagione ha seguito lo stesso copione.
Scarto minimo: c’è.
Errori ingiustificabili: ci sono, sempre.
La possibilità di ribaltare la propria sorte fino all’ultimo istante: ovvio, sennò che gusto ci sarebbe?
Ve lo giuro, arrivato a questo punto godrei fisicamente nel vederli uscire dal campo bastonati da un passivo di 20-25 punti che mi conceda il lusso di celebrare l’indiscutibile superiorità degli avversari. Niente da fare, la bestia nera di Baltimore resta Baltimore e no, non sto in alcun modo provando a suggerirvi che Buffalo non abbia meriti, sto semplicemente affermando che è impensabile battere i Bills a casa loro continuando a tirarsi la zappa sui piedi.
Mi dà la nausea pensare che l’ennesima stagione da ennemila record di Lamar Jackson venga cancellata dal secco colpo di spugna di un’eliminazione precoce dai playoff, ma non ci sono giustificazioni per i due turnover della prima metà: in questo momento storico anche il suo più grande detrattore - anche se uno, in realtà… - non può negarne la grandezza tecnica, ed è anche per questo che quei due turnover fanno ancora più male. Durante il corso degli ultimi quattro mesi Jackson ha dimostrato di potersi prendere cura del pallone come il miglior Aaron Rodgers pur cercando la profondità con l’efficienza di Brees… poi arrivano i playoff ed eccolo spedire in orbita bestemmie come quello intercettata da Taylor Rapp.
Bisogna rendere onore al merito ed evidenziare che nel corso della seconda metà abbia ingranato una nuova marcia facendo registrare tre scoring drive sui quattro giocati, ma non sopravvivi contro un’avversaria del calibro di Buffalo regalandole i maledetti turnover dai quali sembrava essere guarito.
È chiaramente un problema di natura mentale, immagino che il suo sia un caso da manuale di ansia da prestazione, ma purtroppo questa non può essere una giustificazione. I grandi quarterback, quelli che come lui hanno vinto multipli MVP, ribadiscono e hanno ribadito la propria grandezza proprio evitando i turnover in momenti del genere: pur avendo lanciato nel solo 2024 lo stesso numero di intercetti accumulati da Jackson fra 2023 e 2024, nelle ultime otto partite di playoff Mahomes ha lanciato solamente un intercetto. La differenza sta tutta qui.
Attaccare Mark Andrews non ha nessun senso, una giornata no può capitare anche a quello che è a tutti gli effetti uno dei migliori giocatori nella storia di questa franchigia. Solitamente irreprensibile, Andrews è incappato nella peggior prestazione della propria carriera nel momento del massimo bisogno: i vari drop e il fumble hanno di fatto sigillato la vittoria di Buffalo, ma senza gli svarioni della prima metà… avete capito.
È indubbiamente ironico che sia stato proprio lui a tradire Jackson al termine del drive che avrebbe potuto mutare definitivamente la percezione attorno probabile tre volte MVP. L’anno scorso lo sciagurato fumble sulla goal line di Zay Flowers, quest’anno le flatulenze cerebrali di Mark Andrews. Come potete l’ansia da prestazione è un problema endemico.
Non sono particolarmente preoccupato per il futuro, so che il GM DeCosta metterà assieme un altro roster di prima qualità. Sarebbe bello riuscire a trattenere Todd Monken.
So che perderanno giocatori, non potrebbe essere altrimenti, ma so anche che ne aggiungeranno di nuovi e che il livello medio del roster resterà alto. C’è da capire cosa fare con Stanley e, si spera, iniziare a lavorare per i rinnovi di Hamilton e Linderbaum, ma al momento tutti questi ragionamenti sono inutili poiché fra dodici mesi arriverà puntuale gennaio a spazzare via ogni certezza e speranza.
E come ci hanno insegnato i 49ers non si può pensare di eludere il virus degli infortuni per chissà quanto tempo: Baltimore quest’anno ha avuto la fortuna di restare atipicamente sana. Non è affatto che scontato che fra dodici mesi siano di nuovo così fortunati.
Umanamente mortificato per Jackson e Andrews.
L’altra grande delusione della settimana arriva dal Michigan, dove i Detroit Lions si sono fatti fare lo sgambetto dagli esaltati ed esaltanti Washington Commanders.
Lo ammetto, quella dei Lions sembrava essere una stagione da favola uscita direttamente da un film Disney in quanto, oltre alle già note storie di redenzione di Goff e dell’intera città di Detroit, stavano trovando modo di confermarsi più forti di ogni singolo infortunio che ha snaturato il sorprendente reparto difensivo.
Avete presente la morte di Boromir nel Signore degli Anelli? Qualcosa di simile: Detroit ha continuato a lottare indefessa nonostante il crescente numero di frecce che ne trapassava il roster finché, proprio sul più bello, è stata costretta a capitolare.
Washington ha giocato una partita offensivamente ineccepibile, mentre Detroit ha fatto arrossire Baltimore commettendo ben cinque turnover. I Lions ormai abbiamo imparato a conoscerli, sono aggressivi e perversi e potete stare certi che tenteranno di cogliere di sorpresa l’avversario di turno con una trick play che, non casualmente, ha condotto al touchdown da 61 yard dello stesso Jameson Williams che poco dopo avrebbe lanciato un orribile intercetto al termine di un’altra trick play. L’aggressività dà, l’aggressività toglie.
Avrebbero potuto affidarsi con maggior insistenza all’incontenibile Gibbs? No, avrebbero DOVUTO rifornirlo di tocchi dato che fino all’ultimo quarto sono sempre rimasti appiccicati ai tubi di scarico degli avversari, ma purtroppo avevano deciso di cercare fortuna via aria e, sciaguratamente, Goff stava vivendo uno di quei giorni.
Qualche mese fa contro Houston trovò modo di sopravvivere a cinque intercetti grazie alla spuntata sciatteria della squadra avversaria, mentre sabato Detroit si è trovata di fronte una squadra perfetta in red zone e che, consapevole della grandezza dei padroni di casa, una volta giunta all’interno delle ultime venti yard del campo non si è mai voluta accontentare dei tre punti prendendosi dei rischi calcolati su quarto down che hanno sempre condotto al risultato sperato: non batti Detroit in trasferta accontentandoti dei tre punti.
E infatti.
In una sfida fra squadre del destino ha vinto quella che non aveva assolutamente nulla da perdere, nonché la più sana. In tal senso è emblematico il quarto down convertito da Washington pochi istanti prima di segnare il touchdown del 38 a 28 reso possibile dalla penalità fischiata contro il reparto difensivo di Detroit, colpevole di avere dodici uomini in campo: errori del genere ai playoff sono inaccettabili… ma a loro modo comprensibili per una difesa assemblata spulciando dalle practice squad delle altre trentuno squadre per far fronte a un’emergenza infortuni da film dell’orrore.
Ecco, la buona notizia per Detroit è che al contrario di Baltimore si è presentata ai playoff in uno stato pietoso e dal momento che, salvo infortuni al quarterback, è inverosimile accumulare altrettanti infortuni lungo il reparto difensivo non vedo perché nel 2025 non potrebbero riscattarsi.
Al netto delle inevitabili perdite, il livello medio del roster resterà estremamente alto, anche se credo che Aaron Glenn e Ben Johnson abbiano trascorso la loro ultima partita lungo la sideline dei Lions: entrambi, infatti, sembrano destinati a una panchina tutta loro altrove.
Istrionico e rumoroso, Campbell è l’uomo che ha riconsegnato alla rilevanza questa squadra trasformata in meme da decenni di irrilevanza, ma non permettiamoci di sottovalutare l’incredibile lavoro svolto da questi due coordinatori che ci hanno dato l’opportunità di assistere forse al più maestoso esempio di football complementare degli ultimi anni.
L’esplosivo attacco patirà immensamente la mancanza della creatività di Johnson e la difesa… vi ricordate quando non troppo tempo fa era fra le peggiori in assoluto? Ecco, Glenn ha rivoltato come un calzino proprio quel reparto.
Quella dei Texans è a suo modo una sconfitta senza dramma poiché vista la piega presa dalla loro stagione la semplice consapevolezza di aver messo così tanto in difficoltà i (bi)campioni in carica è da accogliere come una mezza vittoria - anche se questa non è una lega che premia le mezze vittorie.
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