Il riassunto della domenica del Divisional Round NFL 2024
Ogni singola parola digitata in questo articolo può essere paragonata a una pugnalata
Non avete idea di quanto non voglia scrivere questo articolo, ma eccoci qua. Immagino che sia questo il significato della locuzione “per dovere di cronaca”.
Concentrato Mattia: prima inizi, prima finisci.
A dare il via alla nostra domenica di football ci ha pensato una partita uscita direttamente da una cartolina, in quanto Philadelphia è stata avvolta da una fitta nevicata che ci ha dato l’opportunità di godere dell’archetipo della partita da playoff: cosa urla “football americano” più di una partita di playoff sotto la neve?
Una partita di playoff sotto la neve decisa dall’incontrastabile potenza di un gioco di corse storicamente efficace: il 28 a 22 con cui i Philadelphia Eagles sono sopravvissuti ai Los Angeles Rams è inscindibilmente associato a un giocatore, a quel Saquon Barkley che settimana dopo settimana sta restituendo rispetto e dignità a un ruolo che negli ultimi anni ha perso più valore del Bolívar venezuelano.
In condizioni meteorologiche del genere poter contare su un running back del calibro di Barkley costituisce la differenza fra un fine settimana a Cancun e una partita in cui la posta in palio è il Super Bowl.
Nemmeno il tempo di metterci comodi sul divano - o sul letto - che Philadelphia muove il punteggio grazie a una volata di 44 yard di Jalen Hurts: Jake Elliott, però, sbaglia l’extra point.
Navigati come sono i Rams sanno fin troppo bene quanto sia categorico rispondere al più presto e, seppur in modo meno esplosivo degli avversari, percorrono il campo muovendo le catene anche grazie a un challenge vincente di McVay che tiene in vita un drive altrimenti condannato al three n’ out: in piena red zone L.A. opta saggiamente per la conversione del quarto down - conquistato grazie al solito Kyren Williams - e un paio di snap dopo mette il musetto davanti grazie a un touchdown di Higbee.
C’è una partita.
Un repentino scambio di three n’ out precede l’entrata in partita di quello che in una lega meno quarterbackcentrica sarebbe il favorito per l’MVP, quel Saquon Barkley che in un modo o nell’altro riesce a lasciare il segno su ogni partita a cui prende parte: poche settimane dopo aver marciato sui Rams per più di 200 yard, Barkley trova il corridoio vincente che lo conduce al touchdown del 13 a 7, un’esaltante cavalcata di 62 yard che non può che farci sorridere.
Da lì alla pausa lunga l’unica modifica al punteggio viene apportata dai Rams grazie a un piazzato di Karty, anche se vanno segnalati un paio di inopportuni sack incassati da Hurts su terzo down che, neve permettendo, sono costati a Philadelphia l’opportunità di incrementare il vantaggio affidandosi al proprio kicker.
L’impatto della neve non può essere enfatizzato a sufficienza, Hurts non è infatti riuscito a trovare il ritmo necessario per fare entrare in partita il proprio gioco aereo - determinante pure il contributo del pass rush di Los Angeles che lo ha tenuto sotto pressione per tutto il tempo.
A proposito degli ospiti, buonissima prima metà di gioco, ma pesano come macigni un paio di perdite di Kyren Williams su terzo-e-corto, perdite che hanno costretto McVay a interpellare gli special team per consegnare un epilogo infausto a dei drive altrimenti promettenti.
Si ritorna in campo e a fare la voce grossa ci pensano ancora una volta i reparti difensivi che costringono le proprie controparti al medesimo destino, un three n’ out spezzato solamente dal piede destro di Karty che regala ai suoi Rams i tre punti del pareggio: pure in questo caso, però, va esplicitato del rammarico in quanto grazie a un paio di big play da 30 yard tonde tonde consecutive Los Angeles si era catapultata in red zone. Partite del genere si vincono raccogliendo sei-più-uno punti alla volta, non solamente tre.
Philly riprende finalmente a muovere le catene con efficienza e grazie a una big play di Goedert si porta nella metà campo avversaria, dove però un’altra big play di Goedert viene annullata da una penalità fischiata contro Becton: su terzo down Hurts incassa un sack particolarmente doloroso poiché la sua gamba resta schiacciata in modo innaturale dalla pila d’umanità che stava per sbatterlo al suolo.
Tre punti per Philadelphia, ma Hurts è visibilmente acciaccato, figuratevi che una volta riottenuto il possesso dopo l’ennesimo three n’ out dei Rams viene divorato da Gallimore nella propria end zone per il safety che porta L.A. sotto di un punto: 16 a 15 recita il tabellone.
L’inerzia è tutta dalla parte degli ospiti che ora possono effettuare il sorpas… fumble di Kyren Williams nella propria metà campo, altri tre punti per Philadelphia: Hurts è visibilmente limitato, Los Angeles resta più che in partita.
Dopo aver limitato i danni, però, la squadra di McVay decide di tirarsi ancora una volta la zappa sui piedi commettendo un altro fumble, questa volta firmato da Matthew Stafford.
Philadelphia, incredula, ringrazia e aggiunge altri tre punti al proprio bottino portandosi sul +7. I Rams devono reagire immediatamente, non c’è più tempo da perdere: three n’ out e, soprattutto, Barkley porta i suoi sopra di due possessi con un capolavoro da 78 yard impreziosito dallo sfondo bianco sul quale sfreccia a una velocità che qualsiasi altro giocatore in campo può solamente sognare - attenzione, altro extra point sbagliato da Elliott.
Stafford, in pieno stile Stafford, si esalta quando ormai il dado sembra essere tratto e affidandosi all’inimitabile mix di esperienza e cuore conduce i suoi alla terra promessa connettendo con il tight end Parkinson per il touchdown del -6 a poco meno di tre minuti dal termine.
Philadelphia naturalmente incappa in un three n’ out ed eccoci qua, ci sono tutte le premesse per l’ennesimo game winning drive di Matthew Stafford, un quarterback che ha costruito la propria leggenda grazie ai raffazzonati drive dell’ultimo minuto.
Una bomba da 37 yard ricevuta incredibilmente da Nacua lungo la sideline li catapulta in red zone, dove però un sack dell’incontenibile Jalen Carter su terzo down li mette davanti al 4&11 che decreterà l’esito della partita e della stagione di Los Angeles: incompleto, Eagles al Championship Game.
Immagino che i Rams saranno consumati dal rammarico in quanto credo abbiano giocato la miglior partita possibile, soprattutto in luce delle condizioni meteorologiche: va fatto presente che più della metà delle 350 yard di total offense guadagnate da Philadelphia siano arrivate tramite tre giocate, le tre corse lunghe concluse in end zone da Hurts e Barkley.
Oltre che imprecisa in red zone, Los Angeles si è messa con le spalle al muro con le proprie mani incappando in dolorosissimi fumble nel momento di massima difficoltà degli Eagles. Giocare sotto una nevicata del genere naturalmente complica le operazioni, ma resto convinto che chiunque abbia svolto un ottimo lavoro contenendo nei limiti del possibile - salvo le tre sopracitate big play - uno degli attacchi più esplosivi della lega. Purtroppo per loro, però, senza cinismo ai playoff non si vince.
Già, ai playoff senza cinismo non si vince.
Ho la nausea a dovervi parlare di questa partita e vi anticipo già che questa settimana all’interno delle analisi delle sconfitte non seguirò il classico ordine cronologico in modo da potervi offrire prima del paywall le considerazioni (relativamente) a freddo sui Baltimore Ravens.
Nel grande schema delle cose un’inutile sconfitta ai playoff della propria squadra del cuore è assolutamente irrilevante, ma vi confesso che in questo momento sto facendo veramente fatica a costringermi a parlare del 27 a 25 con cui i Buffalo Bills hanno portato a termine la propria vendetta sui Baltimore Ravens.
Fa veramente troppo male constatare che pure questa volta a sconfiggere Baltimore ai playoff ci abbia pensato… Baltimore.
Eppure l’inizio prometteva davvero bene, in quanto Jackson ha punito con precisione chirurgica la saggia scelta dei Bills di congestionare il box in modo da rallentare Derrick Henry: poco male, un guadagno da 39 yard di Likely li ha catapultati in red zone dove Jackson ha connesso con Bateman per il touchdown del 7 a 0. Inizio più che promettente, bene così, pensava la più ingenua versione di chi sta scrivendo.
Proprio come Los Angeles, seppur in modo meno esplosivo la reazione della squadra che ha incassato il primo touchdown non si è fatta attendere e dopo un drive da 11 giocate che ha quasi assorbito sei minuti - e nel quale Allen ha pure convertito un quarto down - Buffalo ristabilisce la parità con un touchdown del rookie Ray Davis.
Botta e risposta?
No, in quanto a Lamar si chiude inspiegabilmente la vena e su secondo down manda in orbita un insensato missile terra-aria che trova le mani di Taylor Rapp: intercetto imperdonabile, ma una penalità inesistente fischiata contro Buffalo condanna Allen e compagni a restituire il pallone ai Ravens che ricominciano a percorrere il campo con autorevolezza grazie soprattutto a un gioco di corse che ha preso la misura alla difesa dei Bills. Un drop di Mark Andrews precede un imperdonabile fumble di Lamar Jackson che dopo aver ricevuto uno snap difettoso si avventura in un balletto da villaggio estivo concluso con uno strip sack di Hamlin recuperato da Von Miller che regala ad Allen un’ottima posizione di partenza: questa volta Buffalo sfrutta il turnover nel migliore dei modi e Allen con un touchdown da una iarda porta i suoi sul 14 a 7.
Baltimore riprende a muovere le catene con disinvoltura e il frustrato Jackson pesca Bateman libero alle porte della end zone dove, però, viene fermato: dopo una corsa infruttuosa di Henry, sulla linea delle 3 di Buffalo Jackson incassa un sack più che beffardo che condanna Harbaugh a interpellare Tucker per un misero field goal.
Buffalo con la maestria tipica della grande squadra - e con una pass interference molto dubbia su terzo down che compensa alla trattenuta inesistente fischiata poco prima contro Buffalo - fa quello che deve fare percorrendo il campo con un occhio al cronometro e, a sedici secondi dalla pausa lunga, Allen firma un altro touchdown con le proprie gambe, quello del 21 a 10: i padroni di casa riceveranno il kickoff nella seconda metà, si mette davvero male per Baltimore.
Sembra inutile specificare che i due turnover di Baltimore pesino come macigni, anche se la decisione di non consegnare il pallone a Henry per quattro volte consecutive sulla goal line… vabbè, non voglio diventare volgare.
Si torna in campo e la difesa dei Ravens sembra aver finalmente trovato le contromisure all’attacco avversario e costringe Allen al primo three n’ out della giornata: Jackson ricomincia a muovere le catene ma sul più bello l’attacco si inceppa costringendo Tucker a tentare un difficile piazzato da 47 yard, convertito brillantemente per il 21 a 13 Bills.
La difesa dei Ravens è finalmente entrata in partita e costringe Buffalo al secondo punt consecutivo e questa volta i Ravens riescono a rispondere da Ravens dominando via terra e trovando i sei punti con il solito Derrick Henry: la conversione da due che impatterebbe il punteggio sul 21 pari si conclude con un nulla di fatto in quanto il passaggio di Jackson per il completamente libero Likely viene deviato dal sempre ottimo Matt Milano.
Buffalo ricomincia a muovere le catene e aggiunge altri tre punti al proprio bottino portandosi sul 24 a 19, ma è indubbio che al momento l’inerzia sembri essere dalla parte di Baltimore che ha trovato finalmente un ritmo su entrambi i versanti della linea di scrimmage: Jackson è caldo e connette con Andrews per un guadagno importante annullato però da uno sciagurato fumble del sempre affidabile tight end. Buffalo brucia quanto più cronometro possibile e aggiunge altri tre punti, quelli che fanno volare i Bills sul +8 a poco più di tre minuti dal fischio finale: Jackson ora deve essere perfetto, non esiste margine d’errore e, per una volta, fa tutto quello che deve fare - forse fin troppo velocemente.
Un paio di guadagni importanti di Wallace e Andrews li catapultano alle porte della red zone dove dopo aver navigato nella tasca per un’eternità e mezzo connette con Likely per il touchdown del -2.
Per pareggiare è necessario avere successo nella conversione da due punti e uno schema perfetto viene vanificato da un dolorosissimo drop di Mark Andrews.
Buffalo ovviamente recupera l’onside kick e accompagna il cronometro al triplo zero.
Credo che questa sconfitta faccia più male di quella del Championship Game del 2011 - ricordate Billy Cundiff? - in quanto Baltimore ha surclassato Buffalo dal punto di vista delle yard di total offense - 416 a 273 - convertendo ben il 70% dei terzi down giocati senza mai chiamare in causa il proprio punter, ma quei tre turnover li hanno condannati all’ennesima beffa in postseason. Sapete fin troppo bene cosa pensi di Jackson e per quanto i numeri ci mettano davanti a una partita di livello impreziosita dal drive del possibile pareggio, non perdo tempo a prendervi in giro cercando sofismi per giustificare gli imperdonabili turnover, soprattutto al termine di un anno in cui era sostanzialmente diventato immune agli intercetti e a qualsivoglia tipo di stupidaggine.
Fra drop, fumble e scelte chiamate discutibili i Ravens sono riusciti nell’annuale impresa di perdere pure quest’anno una partita che potevano assolutamente vincere e i Bills, cinici e sul pezzo come una vera grande squadra, hanno raccolto ogni singolo regalo di una franchigia sempre più allergica al mese di gennaio.
Fa troppo male, ogni anno è la stessa identica storia, non si possono regalare partite a squadre del livello di Bills e Chiefs ed è alquanto deprimente constatare che la vera kryptonite dei Baltimore Ravens sia proprio l’immagine restituita dal riflesso dello specchio.
Ennesima sconfitta che mi ha spezzato il cuore e che mi costringerà a leggerne di ogni colore sul mio giocatore preferito che, indipendentemente da tutto, si è macchiato di errori in postseason che molto semplicemente non riguardano i vari Brady e Mahomes. Negarne la storica brillantezza è stupido tanto quanto lo può essere provare a convincervi che non sia afflitto da un problema squisitamente mentale ai playoff. E certo, Andrews avrebbe dovuto riceverlo quel pallone, ma mi preme mettere in evidenza che Buffalo avrebbe avuto a disposizione un minuto e mezzo per mettere Bass nella posizione di redimersi dall’errore di dodici mesi fa.
Fa malissimo, davvero.
Per riprendere un tuo tweet, non devi difendere il tuo QB, primo perché non ti pagano -non ancora- secondo perché si diventa quantomeno miopi.
La partita è stata chiaramente indirizzata e decisa dai turnover, leggasi intercetto e fumble vari che hanno poi portato alle segnature di Buffalo, non per il drop finale di Andrews. E allo stesso modo in cui è inutile glorificare una stagione positiva di Tomlin se poi esci regolarmente ai playoff (lo penso anche io) non vedo perché dovrebbe stare su un altro livello il macinare yards e record terra aria in stagione per poi diventare cerebrolesi quando conta.
Non è questione di ring culture, perché già Allen ha dimostrato un livello maggiore di mentalità questa sera.
Per ora è così e bisogna accettarlo, non sono tifoso di nessuna delle squadre implicate quindi vedo chiaramente le cose, e come hai detto tu Brady e Mahomes hanno un altro tipo di impostazione mentale e non gli si vede fare quelle cose. Bisogna avere la testa prima di tutto.
Vediamo se Allen riesce a sbloccarsi, intanto ha fatto vedere sul campo che soprattutto a questo punto è necessario non sbagliare, non serve fare 3-4 touchdown per fare una gran partita e lo ha dimostrato.
Pensando a Lamar mi viene in mente il paragone con Peyton Manning, che ha giocato RS straordinarie, ha vinto un numero record di MVP, ma soffriva terribilmente i playoff, tanto che di lui si ricordano più le figuracce collezionate a gennaio e febbraio, che non i pur rispettabili 2SB.
Pur essendo un grande professionista, Payton non è mai riuscito a contenere le sue ansie nelle partite da dentro/fuori, non riuscendo mai a trovare la mentalità giusta, nemmeno nelle sue cavalcate vincenti, nelle quali lui è stato messo in secondo piano per il gioco di corse e la difesa.
Io non sapevo chi avrebbe vinto la partita di ieri sera, ma quando ho visto Lamar entrare in campo, disperarsi per il primo incompleto, gesticolare in modo eccessivo… ho capito subito che avrebbe vinto Buffalo. Non ha la mentalità per giocare i momenti cruciali del match, e non ha il carisma per infondere fiducia nei compagni.
Tutto questo al netto delle sue caratteristiche tecniche, che magari gli consentiranno di vincere un SB, ma “alla Payton”, cioè togliendoli la pressione.