Russell Wilson: il prezzo da pagare per (non) vincere nella NFL di oggi
Wilson non è più un giocatore dei Denver Broncos e la domanda a questo punto è solo una: è questa la peggior trade nella storia della NFL?
Mi piace ripetere che viviamo nel mondo dei quarterback.
Di norma, chi ne ha uno di livello è già a metà dell’opera in quanto in questo periodo storico è impossibile vincere con un quarterback mediocre: indipendentemente da quanto brillante possa essere il tuo reparto difensivo, nel 2024 non arrivi al Super Bowl con Trent Dilfer. O con Rex Grossman.
Ogni primavera siamo tutti testimoni della smaniosa corsa all’oro under center che si compendia con trade, scalate di tabellone e rinnovi contrattuali di dubbio gusto. Pensate alla trade fra Panthers e Bears. O a un rinnovo come quello di Daniel Jones. O alla disperazione che ha portato Saints e Raiders a investire sui vari Carr e Garoppolo.
Nessuno di questi movimenti può però giocarsela con quello che ha portato i Denver Broncos a barattare il loro futuro per Russell Wilson in quanto pezzo mancante di una “squadra a un quarterback dal Super Bowl”.
Con il senno di poi viene facile, oltre che naturale, deriderli, tuttavia non mi sento di biasimarli in quanto per anni l’impressione che ci hanno dato era proprio quella, ossia che con un quarterback esperto ed efficiente i sempre commoventi sforzi del reparto difensivo non sarebbero più caduti a vuoto.
Dopo aver visto Rodgers rinnovare con i Packers, il GM Paton decise di premere il grilletto e giocarsi il tutto per tutto con Wilson. Un Wilson sì in flessione, ma neanche paragonabile ai vari Bridgewater, Siemian, Flacco, Keenum e Lock.
Solamente due anni dopo ci troviamo qua a commentare quella che può tranquillamente essere considerata la peggior trade nella storia NFL.
Per 30 partite da titolare di Wilson e solamente 11 vittorie Denver ha sacrificato due scelte al primo round del draft, due al secondo, una al quinto, Shelby Harris, Noah Fant, Drew Lock e 120 milioni di dollari ai quali ne vanno aggiunti altri 85 sotto forma di dead money nei prossimi due anni.
Prendete fiato. Anzi, facciamo così, lasciatemi iniziare un nuovo paragrafo così avete una riga bianca per respirare.
Riprendersi da batoste del genere è molto complicato. Nulla di impossibile, ci mancherebbe, ma resterei molto impressionato da un loro ritorno alla competitività nel prossimo biennio. Non hanno sacrificato solamente preziosissime scelte al draft con cui avrebbero potuto puntellare un roster che non è più a “un quarterback dal Super Bowl”, ma si sono pure addossati una zavorra salariale che limiterà il loro margine di manovra nelle prossime due offseason.
Tutto per 30 partite da titolare, 11 vittorie e tanta esilarante disfunzionalità.
La lingua italiana non dispone di superlativi sufficientemente incisivi per rendere giustizia al loro inqualificabile 2022.
Peggior attacco della lega per punti fatti, 55 sack subiti in 15 partite, una stagione da cinque vittorie e la sempre più concreta consapevolezza di aver messo le mani sull’ombra del nove volte Pro Bowler che ha riscritto la storia dei Seattle Seahawks.
Nel 2023, onore al merito, le cose sono andate decisamente meglio. Anzi, relativamente meglio. Da un punto di vista meramente numerico Wilson ha giocato bene lanciando 26 touchdown a fronte di soli 8 intercetti: dati funzionali che, coadiuvati dalla resurrezione del reparto difensivo, hanno permesso ai Broncos di vincere cinque partite consecutive raddrizzando una stagione iniziata con un deprimente 1-5
Dietro le scene, con il favore delle tenebre, la proposta indecente del front office dei Broncos: o posponeva la clausola che avrebbe reso garantiti i 37 milioni previsti per il 2025 in caso di bocciatura alle visite mediche di marzo 2024, o si accomodava in panchina per il resto della stagione.
Tutto questo a pochi giorni di distanza dall’esaltante vittoria sui Kansas City Chiefs. Mentre ci scervellavamo sulla sostenibilità della loro rinascita - poteva la difesa continuare a produrre turnover a quei ritmi? - il front office staccava la spina alla stagione e, soprattutto, al progetto tecnico imperniato sull’ex quarterback dei Seahawks.
Scartato così, come fosse un Sam Howell qualsiasi, un giocatore selezionato al quinto round del draft a cui è stata data un’opportunità giusto per togliersi ogni possibile dubbio in un anno di riassestamento in cui per definizione non si ha nulla da perdere.
Solo che per arrivare a Wilson Denver non ha sacrificato una banale scelta al quinto round del draft.
Questo non è solamente il fallimento di Russell Wilson.
L’ultima stagione conclusa con un record vincente risale al 2016, un 9-7 che trasuda competente mediocrità. Negli ultimi ventiquattro mesi abbiamo avuto modo di constatare che i problemi dei Broncos vadano ben oltre l’individuo incaricato di lanciare il pallone.
È il fallimento di Sean Payton, allenatore che sembra essere arrivato a Denver solamente per spodestare Wilson e mettere in chiaro che quella fosse la sua squadra: missione compiuta, ma ora?
Non doveva essere quello che avrebbe aggiustato Wilson e salvato l’intera franchigia da un tanto imbarazzante quanto clamoroso fallimento?
Concordo nel definire Hackett inadeguato e sul fatto che nel 2022 avessero concesso troppo potere a un quarterback che aveva addirittura il proprio ufficio privato all’interno del loro quartier generale, ma questa non può essere la priorità di una franchigia seria. Ho come l’impressione che nell’ultimo anno in Colorado si sia perso di vista il sempreverde fatto che alla fine l’unica cosa che conta in questa lega sia vincere partite, non ridimensionare l’ego di una persona a cui è stato gonfiato a suon di concessioni e annunci social.
Anche se recentemente Wilson ha completato un turn heel che lo ha trasformato in uno dei giocatori più stucchevoli e fastidiosi della lega, non meritava di essere elevato a supremo capro espiatorio, la causa di tutti i mali di una franchigia che dal ritiro di Manning si è affermata come una fra le più disfunzionali della lega.
Le cose andavano male da ben prima del 2022. Fa indubbiamente sorridere constatare che la richiesta della clausola sia arrivata nel bel mezzo del periodo più felice del loro ultimo lustro.
Intuitivamente, pure il front office dovrebbe pagare le conseguenze di questa serie di scelte scriteriate. Sono pur sempre stati loro a lanciargli addosso quel rinnovo contrattuale a scatola chiusa che lo avrebbe legato a loro fino al termine della stagione 2028… ancor prima di aver giocato un singolo snap vestito d’arancione.
In un mondo giusto Paton e soci in queste ore starebbero aggiornando il profilo LinkedIn, non pianificando l’ennesima offseason.
Pure Payton avrà molto di cui riflettere. Fossi un giovane quarterback sarei molto inquietato dalla sua incontenibile abrasività. Wilson sarà sì diventato spocchioso e insopportabile ma non meritava un simile trattamento, stiamo pur sempre parlando di un probabile Hall of Famer che ha condotto alla terra promessa una delle squadre più iconiche del ventunesimo secolo.
Il ricatto sulla clausola costituisce un enorme colpo basso al quale Wilson, fortunatamente, ha risposto nel miglior modo possibile evitando di stabilire un pericolosissimo precedente.
Cosa abbiamo imparato da questa debacle? Se devo essere sincero, non molto. Resto convinto che nei prossimi anni continueremo ad assistere a simili disastri: come già detto, questa è una conseguenza fisiologica della corsa all’oro under center.
La realtà è che purtroppo, ora come ora, di quarterback “da Super Bowl” ce ne saranno una decina scarsa e dal momento che la domanda supera abbondantemente l’offerta mostruosità del genere costruiranno via via la nuova normalità. Cosa può fare chi non ha la fortuna di contare su gente come Mahomes, Burrow, Allen, Jackson o Stroud? Commiserarsi nella più avvilente mediocrità finché non trovano quello giusto al draft?
In questa NFL la peggior posizione in cui una squadra possa trovarsi è esattamente dei Broncos del dopo-Manning: troppo forti per prendersi un quarterback con una delle prime scelte al draft ma troppo lacunosi per competere sul serio. Va da sé che per rompere questa inerzia siano necessari simili colpi a effetto, trade o contrattone scellerato che sia.
Ai Cleveland Browns, per esempio, non è rimasto molto tempo per raddrizzare la finora disastrosa trade di Deshaun Watson - con la quale la storia potrebbe essere ancor meno gentile visto il contesto in cui è arrivata.
Credo che in quanto esseri umani ci adatteremo pure a questo e, fra non troppo, ci dimostreremo imperturbabili a quella che credo diventerà la nuova normalità vista l’importanza sempre più assoluta dei quarterback.
Ora non ci resta che osservare cosa riserverà il futuro a Russell Wilson, se i suoi giorni da titolare in questa lega siano finiti o se, nel contesto giusto, possa confermarsi essere un quarterback perlomeno funzionale.
E ovviamente non ci resta che osservare cosa ne sarà dei Denver Broncos, tornati al punto di partenza con un roster indebolito e troppa credibilità in meno rispetto a due anni fa.
La gestione della separazione mi sembra peggio della trade fatta per prenderlo.
A me il Wilson del 2023 non è dispiaciuto, e adesso verrà firmato al minimo salariale, perché il suo ingaggio totale è quello che gli deve Denver, il nuovo contratto non si somma ma va detratto da quanto gli devono i Broncos (avrò capito bene?). Se le cose stanno così, chiunque lo prenda fa un grosso affare.
Eppure, vedo che quasi in tutte le classifiche dei migliori free agent di quest’anno il buon Russell non è molto considerato.
Per me la trade per Watson è stata ancora peggio per i risultati. Cleveland ha il roster da contender ma finora l’ha sprecato col maniaco dell’autobus, tanto che hanno giocato meglio con Brissett e Flacco…
Le due cose che adesso mi incuriosiscono sono come si muoverà Denver per il qb (con la 12esima scelta qualche QB di "secondo fascia" ma con buon potenziale potrebbero prenderlo) e quale siano adesso le pretese contrattuali di Russell (di squadre che hanno bisogno di un QB, ce ne sono...)