Qualche considerazione sulla trade di Stefon Diggs
Che la NFL prenda nota: gli Houston Texans fanno davvero sul serio
Poche sensazioni sanno essere più totalizzanti di quelle che può regalare una rimonta. Una rimonta, infatti, aderisce alla perfezione al principio secondo il quale per vivere la vera felicità è necessario aver sperimentato la più desolante tristezza.
È inesplicabilmente appagante risalire la china disintegrando le proprie insicurezze, constatando continuamente progressi fino a non troppo tempo prima considerati inverosimili per poi concludere il proprio arco narrativo con un fiabesco lieto fine.
Il 2023 dei Buffalo Bills è stato principalmente questo, un ottovolante di emozioni che ha visto una delle grandi favorite della vigilia inciampare più e più volte, per poi rialzarsi e completare una favolosa rimonta che è valsa loro il titolo in division.
Poco dopo metà stagione Buffalo risiedeva su un 5-5 che definire deludente vi metterebbe davanti all’eufemismo dell’anno - scorso.
Sembravano spacciati, altroché contender. Un record sinonimo di mediocrità in quella gran tonnara che risponde al nome di AFC con all’orizzonte impegni con Eagles, Chiefs, Cowboys e Dolphins ci aveva obbligati a mettere in fortissimo dubbio la loro partecipazione ai playoff.
Dopo che il terrore era sfociato in desolazione, ecco l’inattesa estasi. Buffalo ha ricominciato a vincere e a convincere e, doppiavù dopo doppiavù, ha trasformato una qualificazione ai playoff molto improbabile nel quarto titolo divisionale consecutivo.
Che vincere sia in assoluto la miglior medicina sportiva è così risaputo da essere diventato cliché, ma dopo mesi di frustrazione - e a tratti disfunzionalità - era finalmente tornato a splendere il sole a Orchard Park…
… anche se spesso ha dovuto fare i conti con una pestifera nuvola che con ostinazione provava ad assorbire il maggior numero possibile di raggi di sole.
Quella nuvola rispondeva al nome di Stefon Diggs, il grande non-protagonista della resurrezione dei Bills.
I numeri restano impietosi.
Mai oltre le 100 yard dopo Week 6.
Due miseri touchdown nelle ultime dieci partite di campionato.
Cinque delle ultime otto uscite della regular season concluse con meno di 35 yard di ricezione.
I 17 palloni indirizzatigli durante le due partite di playoff hanno fruttato solamente 73 yard.
Numeri da ricevitore secondario, non da faro del gioco aereo.
Ciò nonostante Buffalo ha perlopiù vinto e, tanto per cambiare, è arrivata a tanto così dall’esorcizzare il demone Chiefs ai playoff. Tutto ciò grazie ai vari Cook, Kincaid e Shakir. Non certamente grazie a Diggs.
Diggs è sempre stato un individuo impegnativo, uno che non ha mai avuto paura a palesare il proprio malcontento sia su Twitter che a bordocampo. No, non mi rivolgerò mai a quel social network come “X”, mi rifiuto di assecondare l’ossessione di un bamboccione per una lettera il cui appeal evapora una volta spente le nove candeline.
Il coaching staff dei Bills e Josh Allen hanno svolto un lavoro esemplare ad arginarne le esuberanze, anche perché un giocatore con una produzione del genere può lamentarsi e sbuffare quanto vuole finché continua a sfornare stagioni da 113 ricezioni, quasi 1400 yard e 10 touchdown - calcolatrice alla mano la sua stagione media fra 2020 e 2022.
I problemi sorgono quando la produzione non giustifica più i mal di testa e, soprattutto, quando si ha avuto modo di constatare di saper vincere anche senza la fonte di tutti quei mal di testa.
Non facciamoci fuorviare dal recency bias, Stefon Diggs è stato fondamentale per l’evoluzione dei Buffalo Bills e di Josh Allen, la riprova della teoria secondo la quale un go-to-guy è imprescindibile per ogni quarterback che vuole compiere il definitivo salto di qualità. Si pensi a Brown per Hurts, a Hopkins per Murray e a Hill per Tagovailoa.
Se Allen è perennemente in corsa per l’MVP lo dobbiamo anche a Diggs, giocatore che ha fornito al proprio quarterback un porto sicuro nel quale rifugiarsi su terzo down o in red zone. Fra 2020 e 2022 l’asse Allen-Diggs è risultato spesso inarrestabile e, ribadisco, c’è un serio rischio che senza di lui Allen non si sarebbe mai trasformato nel pistolero che tutti - più o meno - amiamo.
Però verso la parte finale della scorsa stagione qualcosa si è rotto. Diggs non ha mai avuto particolari filtri nel palesare la propria frustrazione, più volte è stato pizzicato dalle telecamere visibilmente agitato a bordocampo mentre mendicava un numero maggiore target. Spesso ha riversato questa frustrazione su Twitter attraverso cinguettii più cringe che criptici.
Guardate qua, poche ore prima che si concretizzasse lo scambio che lo ha spedito in Texas.
Imperdonabile? Assolutamente no.
Evitabile? Certo.
Questo altro non è che l’ultimo tweet di una lunga serie di imbarazzi ampiamente evitabili con i quali i Bills non dovranno più fare i conti.
Reputo davvero interessante - e indicativo - che Buffalo abbia deciso di accollarsi 31 milioni di dead cap per il 2024 piuttosto che portare avanti una convivenza che stava diventando sempre più tossica.
Quanto ricevuto da Buffalo per uno dei suoi migliori giocatori sorprende ma non scandalizza, in quanto i Bills hanno ricevuto una scelta al secondo round del 2025… in cambio di Diggs, una scelta al sesto round del draft di fine aprile e una al quinto del draft del 2025. Bottino senza ombra di dubbio esiguo, ma tenendo presente quanto ricevuto dai Chargers per Keenan Allen o dai Cowboys per Amari Cooper non posso scandalizzarmi.
Leggo molta preoccupazione sul web per il destino dei Bills: per quanto possa in parte comprenderla, la ritengo eccessiva. Come evidenziato in precedenza, Buffalo ha completato una delle più esaltanti rimonte di cui io abbia memoria nonostante Diggs, non grazie a Diggs. Hanno risalito la china affidandosi a un gioco di corse rigenerato dalla cura Joe Brady e mettendo il pallone in mano a gente come Dalton Kincaid e Khalil Shakir. Diggs ha avuto i suoi momenti - soprattutto su terzo down -, ma la sua azione più memorabile del 2023 resta quello sciagurato drop contro i Chiefs.
Non voglio fare il finto tonto, la presenza di Diggs semplificava la vita di chiunque in quanto, malgrado la scarsa produttività, restava il nemico pubblico numero uno delle difese avversarie che, ovviamente, ponevano una certa enfasi sulla sempre meno ardua impresa di neutralizzarlo.
Immagino che tenteranno di colmare il vuoto affidandosi al draft e, in caso, attingendo dal bacino dei free agent - dal quale sono già andati a prendersi Curtis Samuel. Non possono presentarsi ai nastri di partenza con Samuel come WR1.
Questa mossa non fa che confermare quanto già detto, ossia che questa offseason precedeva un necessario anno zero per i Bills, sempre più irriconoscibili da quelli che abbiamo imparato a temere nell’ultimo lustro.
La buona notizia è che possono ancora contare su Josh Allen e un front seven nuovamente in salute. In un certo senso la decisione di privarsi di Stefon Diggs mi ricorda molto da vicino quella presa dai Patriots quando nel 2010 rispedirono Randy Moss in Minnesota consegnando le chiavi dell’attacco ai vari Welker, Gronkowski ed Hernandez: Brady quell’anno vinse l’MVP.
Potrebbe essere necessario un periodo di assestamento, ma credo che arrivati a questo punto siamo obbligati a concedere il beneficio del dubbio a Josh Allen. Lui e i Bills sopravvivranno e molto probabilmente a gennaio li troveremo ancora una volta a darsi battaglia con i Chiefs.
Questa mossa ribadisce, sottolinea, enfatizza, scegliete voi il verbo, la serietà con cui i Texans vogliono provare a sfruttare il contratto da rookie di C.J. Stroud. Avevano davvero bisogno di Diggs? Non credo, ma in questa lega il surplus di talento non sarà mai un problema.
Ora Stroud potrà indirizzare il pallone a Diggs, Collins, Dell e Schultz, un insieme di mani che manderà in iperventilazione qualsiasi secondaria. Raddoppiare Diggs non può essere un’opzione, ma immagino che se costretti a concentrarsi su qualcuno i defensive coordinator della NFL porranno maggior enfasi proprio su di lui. Una scelta del genere concederebbe a Collins e Dell una libertà che potrebbe rendere inarrestabile l’attacco dei Texans - dove per inarrestabile intendo qualcosa come 30 punti a partita.
Poi, con un parco ricevitori del genere chi è che sarà così folle da andare ad affollare il box? Mi aspetto grandi cose da Joe Mixon e dal dimenticato Dameon Pierce.
La speranza è che Diggs a Houston riesca a trovare la serenità che gli possa garantire un approccio positivo. Gli equilibri di uno spogliatoio così giovane potrebbero essere messi a repentaglio dai malumori di una superstar insoddisfatta per il numero di target.
Credo altresì che un veterano del calibro di Diggs sia sufficientemente consapevole da comprendere che all’interno di un attacco così profondo non potrà per forza di cose ricevere i 160 target a stagione ai quali lo avevano abituato i Bills. Sarà compito di DeMeco Ryans tenere sotto controllo gli spiriti bollenti di quello che più che prima donna è un ragazzo patologicamente competitivo che, consapevole delle proprie abilità, vuole aiutare la propria squadra a vincere nell’unico modo che sa, ossia ricevendo decine di palloni.
Questa è una trade che sa di dichiarazione di guerra. I Texans nel 2024 non si accontenteranno di “fare un po’ meglio” rispetto all’anno prima, vogliono competere non solo per la division, ma per la conference, per il Super Bowl.
Il GM Caserio è consapevole dell’irripetibilità dell’occasione e, giustamente, sta facendo tutto il possibile per accelerare la maturazione di un roster che a questo punto comincia a fare davvero paura. Houston non può più nascondersi, l’obiettivo ora sono i Chiefs.
Il conto alla rovescia è ufficialmente iniziato, Houston può permettersi questo roster per altri due o tre anni fino a quando non dovranno cominciare a pagare Stroud per quello che - presumibilmente - è, uno dei migliori quarterback nella lega.
Siamo appena stati testimoni delle ripercussioni che può avere su un roster un contratto da quarterback top di gamma, quindi kudos al front office dei Texans per la serietà con cui sta provando a bruciare i tempi.
Dopo tutto non sono passati tanti anni da quella volta che la squadra di Houston sprecò la brillantezza del proprio franchise quarterback calandolo sistematicamente all’interno di un roster irrispettosamente competitivo.
Caserio e soci non vogliono replicare lo stesso errore commesso prima da Gaine e poi da O’Brien con Deshaun Watson.
Per quanto mi faccia ridere affermarlo, a poco meno di un anno di distanza da quando li consideravamo come la franchigia “più senza direzione” - italiano ineccepibile Mattia, complimenti - della lega, il loro momento è ora.