Perché questa sarà l’offseason dei Bears
Fra scelte importanti al draft – e non solo – e spazio salariale Chicago deve per forza di cose essere la protagonista assoluta dei prossimi mesi
Una stagione NFL dura così poco che a un certo punto arrivi a chiederti se quella di cui sei stato testimone sia stata una meravigliosa allucinazione. Quattro mesi su dodici - playoff esclusi - rappresentano un contentino per un tifoso, l’equivalente di una scatola di pennarelli per il compleanno. Abbiamo bisogno di più football. O, quando si tifa una squadra la cui stagione è già finita a metà novembre, di meno football.
Poi ci sono i Chicago Bears, squadra la cui stagione era già finita a metà novembre ma che grazie a un ottimo - seppur disinteressato - dicembre ha avuto modo di scaldare il cuore ai tifosi in vista dell’offseason.
Soprattutto c’è una offseason in cui potrebbero - dovrebbero - avere modo di essere gli assoluti protagonisti.
Finalmente.
L’impressione che mi sono fatto in questa prima settimana senza football giocato è che, volente o nolente, nei prossimi mesi parlerò tantissimo dei Chicago Bears.
In primavera tutte le strade porteranno a Chicago, free agency o draft che sia.
Per prima cosa devono decidere cosa fare con/di Justin Fields. Con la prima scelta assoluta al draft possono prendere chi vogliono, anche un quarterback. Mica male in un anno in cui sembrano essercene parecchi apparentemente in grado di aggiungere la parola “franchise” al loro biglietto da visita.
Però occorre essere oggettivi, nell’ultimo mese e mezzo di stagione Justin Fields ha giocato consistentemente bene mettendoci davanti a tangibili e costanti miglioramenti
Fields, però, quest’estate preparerà la quarta stagione fra i professionisti. Ripeto, ci sono stati chiari passi in avanti, ma occorre altresì aver presente che giocatori fossero i vari Mahomes, Burrow, Jackson, Herbert, Allen e compagnia dopo tre anni in NFL. O anche solo un Tagovailoa.
Justin Fields ha indubbiamente talento, ma a mio avviso finora ha fatto vedere troppo poco in un intervallo temporale inattaccabile, i canonici tre anni di periodo di prova in cui un quarterback selezionato al primo round del draft deve convincere la propria franchigia di essere la risposta sul lungo termine.
Le sue credenziali mi esalterebbero se appartenessero a un quarterback sophomore, non a uno che a settembre inizierà la quarta stagione in NFL. È una questione di prospettiva.
Per carità, chi di dovere non lo ha quasi mai messo nella posizione di aver successo. Per quasi tutta la carriera ha giocato dietro una delle peggiori linee d’attacco della NFL. Prima che taccheggiassero D.J. Moore ai Panthers il suo corpo ricevitori era puntualmente scadente e inaffidabile. Ha avuto la forza di sopravvivere a un cambio di regime e a tanta mediocrità generale.
È rimasto perlopiù paziente e imperturbabile e, ora che le cose vanno decisamente meglio, solo per questo meriterebbe l’opportunità di mostrare al mondo il proprio valore in un contesto più funzionale e - si presume - competitivo.
Ma la merita davvero quest’opportunità?
Non lo so.
Ci ha messo davanti a una serie di red flag - parlo come una ventenne su Twitter, che finaccia - difficili da ignorare. È ancora tremendamente incerto e inconsistente nelle letture. Tende a tenere troppo il pallone in mano, scelta di vita tutt’altro che ideale dietro una linea d’attacco del genere. Non dà mai l’idea di essere totalmente a proprio agio a gestire un attacco NFL. A volte pensa così tanto da farsi paralizzare dalle proprie incertezze finendo poi per prendere inevitabilmente la decisione sbagliata.
Non è che abbia mostrato troppo poco per meritarsi d’essere titolare in NFL. Ha dimostrato troppo poco per permettere al front office di Chicago di prendere con serenità la decisione di non utilizzare la prima scelta assoluta al draft per un quarterback.
Si parla così spesso di prospetti “generazionali” da aver completamente svuotato di significato questa parola, ma a quanto pare Caleb Williams ha le physique du rôle non solo per essere un franchise quarterback, ma pure per invertire il corso di qualsivoglia franchigia.
Archiviato come fuoco fatuo l’agrodolce 2018, è da troppo tempo che Chicago sguazza nella mediocrità. La città ha bisogno di entusiasmo, di qualcosa in cui sperare durante gli aridi mesi di offseason, una valida ragione per attendere con ansia l’inizio della stagione. Credo sia saggio battere il ferro finché è caldo e mettere le mani su un quarterback che - sulla carta - può renderli grandi.
Questa è un’occasione più unica che rara. Sono in possesso della prima scelta assoluta, ma non sono la tipica squadra da prima scelta assoluta - la numero uno infatti apparterrebbe ai Carolina Panthers. Nella seconda metà di stagione la difesa ha cambiato marcia cominciando non solo a giocare bene, ma spesso a dominare.
Il front seven è giovane e sempre più roccioso: contro Chicago si corre poco e male. La secondaria si è dimostrata opportunista e scaltra generando turnover a grappoli. Non c’è da ricostruire, o meglio, la ricostruzione è già ben avviata. L’attacco inizia ad avere talento. Moore, Kmet e il backfield a tre teste il loro contributo lo danno ogni settimana.
In entrambi i casi si tratta di prendere una scommessa. Sarebbe bello sapere con anticipo quale sia quella corretta.
Da una parte c’è la scommessa sull’indiscutibile potenziale di Fields imperniata sulla speranza che continui a migliorare - e che magari si trovi a poche partite di distanza dalla definitiva esplosione.
Dall’altra la consapevolezza che la prima scelta assoluta sia un privilegio raro, un gentile regalo dei Carolina Panthers che guardate un po’ cos’hanno combinato per garantirsi questo privilegio.
Fields con questo front office non ha alcun legame. Ai tempi fu portato in NFL da Ryan Pace e modellato da Matt Nagy - che si è vinto un altro Super Bowl a Kansas City.
A proposito di Kansas City, il general manager Ryan Poles ha lavorato per anni nel Missouri e, fra le altre cose, ebbe un ruolo fondamentale nel processo che portò Patrick Mahomes ai Chiefs. Il resto è storia. Non sto tentando di dirvi che lo abbia scoperto dal nulla, tuttavia non è da tutti poter vantare un nome del genere sul curriculum.
Dopo aver gestito tutto sommato brillantemente una situazione complicata rendendo indolore la transizione fra i due regimi, ha l’irripetibile opportunità di mettere la propria firma sugli eventuali successi dei Bears del futuro andando a prendere il quarterback che li renderà nuovamente competitivi.
Ha a disposizione la prima scelta assoluta, la nona e una marea di spazio salariale con il quale andare a tappare gli ultimi buchi rimasti in un roster giovane e di prospettiva. Se gli salta il matto può addirittura mettere le mani su una o due stelle, andando a giocare un coraggioso all-in in cui viene data aprioristicamente per buona la nozione di Williams come di un talento “generazionale”
Qualora decidessero di percorrere la strada Williams, sarebbero obbligati a sbarazzarsi di Fields per non creare situazioni imbarazzanti che, sul lungo termine, potrebbero sabotare la carriera di entrambi. Meglio evitare inutili drammi e tentare di ricavare il più possibile da un Fields che, al momento, per situazione contrattuale ed esistenziale sembra valere una scelta al secondo giorno del draft.
Il futuro di Justin Fields è una delle tessere più importanti all’interno del domino dei quarterback. Falcons, Steelers, Patriots o Broncos, non mancherebbero certamente le spasimanti per un ragazzo che all’interno del contesto giusto - e fino a un certo punto protetto - può assolutamente avere successo.
Sia quello che sia, dovranno prendere una decisione e questa decisione avrà un effetto a cascata su tutto il resto della lega.
Immaginatevi cosa succederebbe nell’eventualità in cui decidessero di replicare il trade down dello scorso anno. Immaginatevi quanta pressione su Williams genererebbe una trade del genere. Pensate al povero Bryce Young, universalmente bollato come bust anche in funzione dello sforzo fatto dai Panthers per arrivare a lui - dategli tempo.
Indipendentemente dalla decisione del front office, a Chicago l’aspettativa è che durante l’autunno si torni a giocare del football rilevante, con Fields o Williams che sia.
Ora, però, chi di dovere deve prendere un paio di decisioni che potrebbero determinare il prossimo lustro - se non di più - di una franchigia che ha una matta voglia di elevarsi a potenza in una conference dai piani alti non troppo affollati.
Abbiamo finalmente un motivo per tornare a interessarci dei Chicago Bears e questa è già di per sé una grande notizia, ma credo che chiunque sia consapevole dell’irripetibilità di questa occasione.
In più tradando Fields, come hai scritto anche tu, puoi ambire ad una seconda scelta, credo possa avere mercato per una squadra in cerca di qb ma senza prime 3 picks, vedi i Falcons, esercitando fifth-year option potrebbero avere un upgrade a Ridder, per 2 anni, ad un prezzo contenuto
Come dici giustamente tu, Chicago deve prendere un qb alla 1, tenere Fields a sto punto ha poco senso, non credo possa diventare un top 10 e per avere leverage dovresti dargli la fifth-year option che per i qb quest'anno è circa 22 M quando il contratto per la prima assoluta si aggirerà sui 40M/4yrs. Con il rookie CBA sono dell'idea che devi puntare al qb ogni volta che puoi, finché non trovi quello giusto, è troppo allettante avere un top qb a meno di 10M l'anno per 4 anni, vedi Houston che con Stroud, per i prossimi 3 anni, può rinforzarsi in ogni ruolo ed essere una contender.
I Bears è il secondo anno di fila che hanno la prima assoluta, è un segno, non possono permettersi di fare trade down an he quest'anno, in più hanno anche la 9 con cui possono sbizzarrirsi magari affiancando a Williams un Odunze o un Bowers e vendere un sacco di biglietti per la stagione prossima.