L'inaspettata e soddisfacente rinascita di Jared Goff
La rinascita di Jared Goff ci ha stupiti così tanto da meritare un articolo - e un enorme rinnovo contrattuale
Quella di Jared Goff è una storia di redenzione, rivalsa, rivincita e rinascita. O se preferite di qualsiasi parola la cui prima sillaba sia “ri-”.
Non ho alcun problema ad ammettere di averne cantato il de profundis dopo un anonimo 2020 che sembrava volerci sfacciatamente confermare tutte le nostre perplessità sul suo conto - e che dava continuità alla fase calante di una parabola il cui vertice coincise con l’orribile Super Bowl perso contro i New England Patriots.
Quarterback di sistema, un buon esecutore senza troppa personalità con un punto di ebollizione fastidiosamente basso: i tanti riflettori puntati su di lui al Super Bowl sembravano averlo sciolto svuotandolo di qualsivoglia parvenza di sicurezza nei propri mezzi. Molle. Mogio. Passivo.
Insomma, un onesto mestierante costretto a reinventarsi come backup o, nella migliore delle ipotesi, come quarterback-ponte.
Qualche anno dopo eccoci qua a celebrare con un articolo il suo faraonico rinnovo con i Detroit Lions, squadra della quale non solo è diventato franchise quarterback ma pure volto.
Da una parte abbiamo Dan Campbell, la sua rumorosa ma al contempo calcolata esaltazione e un viso perennemente arrossato, dall’altra Jared Goff, la rielaborazione californiana di Eli Manning, un ragazzo così tranquillo da poter essere accusato di passività e disinteresse - anche se spero che questi ultimi anni in Michigan abbiano chiarito ogni possibile dubbio sul suo desiderio di vincere.
Goff è lo yin allo yang di Campbell e viceversa. Sono i due volti della stessa medaglia che ora la città di Detroit sfoggia con così tanto orgoglio al resto d’America perché hanno finalmente buone ragioni per essere orgogliosi della propria squadra.
Ho sempre visto la loro coesistenza come quella della salsa piccante e della salsa yogurt all’interno del kebab, due gusti completamente diversi ma complementari che si bilanciano perfettamente l’uno con l’altro rendendoci speciale ogni singolo morso.
La salsa yogurt mitiga il sapore pungente della piccante, la salsa piccante dà brio e vita alla yogurt e, insieme, regalano coerenza a quel caos controllato di ingredienti che risponde al nome di kebab.
Ma non doveva essere così.
Los Angeles Goff non l’ha scambiato, lo ha scaricato a Detroit insieme al suo contratto come una scoria radioattiva. Una volta che la disillusione si è impossessata definitivamente di Sean McVay, la missione è mutata da mettere semplicemente le mani sul “suo” franchise quarterback a mettere le mani sul “suo” franchise quarterback e scaricare Jared Goff al quale nemmeno due anni prima era stato rinnovato il contratto.
Per fare ciò ha impacchettato insieme al suo ex-pupillo un paio di scelte al primo round del draft e una al terzo ché lo sforzo salariale dei Lions doveva essere lautamente ricompensato. Con le dovute differenze, quella manovra ai tempi mi ricordò di quando i Texans, per liberarsi di Brock Osweiler e del suo sciagurato contratto, omaggiarono i Browns con una scelta al secondo round: tutto pur di liberarsi di quel contratto.
Riassumere i magheggi fatti da Brad Holmes con il cachet di scelte ricevute dai Rams mi richiederebbe uno sforzo paragonabile a quello di stendere una sinossi di Beautiful, ma in sostanza Detroit da quelle pick ha ricavato Jahmyr Gibbs, Sam LaPorta, Ifeatu Melifonwu, Jameson Williams, Joshua Paschal e Brodric Martin.
E Jared Goff.
Che il 2021 sarebbe stato un disastro appariva chiaro a tutti in quanto pochi mesi prima Detroit aveva ufficialmente aperto il cantiere per la necessaria ricostruzione.
Quell’anno le partite vinte furono solamente tre, ma Detroit risultò molto più competitiva di quanto potessimo aspettarci. Quell’anno, zitto zitto, in un contesto disastrato Goff si prese cura del pallone dimostrandosi sufficientemente affidabile e preciso da meritare la riconferma per la stagione successiva che, però, si aprì con un deprimente 1-6 che sembrava volerci suggerire che i lavori di ricostruzione fossero solo all’inizio. E che eventualmente sarebbe servito un quarterback.
Dal nulla, però, Detroit iniziò a inanellare vittorie concludendo il campionato con un perentorio 8-2 nel quale Goff fu sostanzialmente perfetto: con che altro termine definireste un quarterback che nelle ultime dieci partite lanciò solamente un intercetto? Dal nulla Detroit trasformò l’ennesima stagione deprimente in una dichiarazione di guerra all’intera NFL per il 2023. Mancarono i playoff di pochissimo, ma non era quello il punto, la missione l’avevano portata brillantemente a termine mettendoci davanti una serie di inattaccabili e tangibili miglioramenti.
Volevano capire attorno a chi avrebbero dovuto costruire i successi del futuro e, incredibile ma vero, in quella breve lista appariva pure il nome di Jared Goff.
La candidatura del “danno collaterale” Jared Goff andava ben oltre il 2023: c’erano ottime probabilità che i Lions fossero inciampati su un franchise quarterback che li avrebbe condotti oltre le proprie colonne d’Ercole, ossia al successo durante il mese di gennaio.
L’unica cosa più complicata di guadagnarsi il peso delle aspettative è non deluderle e, complice il melodrammatico addio di Aaron Rodgers, i Lions si sono approcciati al 2023 nell’inedita veste di favoriti per il titolo divisionale e, forse, qualcosina in più.
Sono arrivati a tanto così dal Super Bowl, altroché titolo divisionale - vinto senza particolari problemi.
Al comando di uno dei reparti offensivi più variegati e ben assortiti della lega, Jared Goff non solo ha confermato quanto fattoci vedere nella seconda metà del campionato precedente, è addirittura migliorato al punto di rendere inevitabile il rinnovo contrattuale.
Dopo quanto fattoci vedere durante l’ultimo autunno, infatti, era impensabile immaginarlo con un’altra maglia. Vi dico spesso che per individuare un franchise quarterback sia necessaria maggior fortuna che bravura e Detroit, sia brava che fortunata, se ne è trovata in mano uno con ancora tanti anni di football ad alto livello nel serbatoio, un mastino mite e razionale a caccia di rivalsa il cui ethos sposa perfettamente quello di questi nuovi Lions.
Le cifre ci mettono davanti esattamente a ciò che è diventato, uno dei migliori dieci quarterback della lega.
Ieri sera Goff ha firmato un quadriennale da 212 milioni di dollari - di cui 170 garantiti - dal valore medio di 53 milioni all’anno che gli vale il secondo posto nella classifica del valore annuale di un contratto.
Ovviamente ci sarà chi storcerà il naso, fa parte del gioco, ma datemi il permesso di esimermi dal dovere di dilungarmi facendo retorica sul folle mercato dei quarterback: i meccanismi che regolano questi rinnovi contrattuali li conosciamo fin troppo bene, o li accettiamo per quello che sono o a breve potrebbe scoppiarci la testa.
Nei tre anni trascorsi in Michigan Goff ha messo insieme numeri di primissima qualità, 78 touchdown a fronte di 27 miseri intercetti con il 66.5% di passaggi completati, numeri sì già visti ma impreziositi dal fatto che li abbia fatti registrare in una squadra in dichiarato stato di ricostruzione.
Fra le persone a cui vanno assegnati i meriti dietro il favoloso rebuilding dei Lions troviamo anche Goff, figura che con la propria quieta leadership ha dato stabilità e coerenza a un progetto tecnico ambizioso di cui ne è diventato volto.
Viviamo in un momento storico in cui la realtà dei fatti ci costringe ad associare i Detroit Lions alla parola ‘contender’ e ad assegnare loro un posto sul podio in qualsivoglia power ranking.
Per carità, non è solamente merito suo, il GM Brad Holmes negli ultimi tre anni è stato irreprensibile non sbagliando - quasi - nulla. Dan Campbell ha ridato entusiasmo e grinta a una squadra, franchigia e città che sembrava aver perso definitivamente la speranza. Figuratevi che il sito italiano dei Detroit Lions - che vi consiglio vivamente di visitare - si chiama “I soliti Lions”: nel loro DNA troviamo adenina, citosina, guanina e disillusione.
Malgrado i tempi di decadimento della disillusione superino quelli del carbonio-14, quelli di cui stiamo parlando non hanno nulla a che vedere con “i soliti Lions”, possono vantare uno dei migliori roster della lega, un progetto tecnico coerente e sostenibile e una nuova identità basata su grinta, determinazione e voglia di rivalsa.
O se preferite tre dei principali attributi di Jared Goff che, con questo rinnovo contrattuale, ha scritto la parola fine a uno degli archi narrativi più soddisfacenti dell’ultimo decennio NFL prendendosi una silenziosa rivincita nei confronti di chiunque lo avesse dato per finito - me compreso.
Anche se immagino che trattandosi dei Detroit Lions la parola fine dovrà coincidere con quel maledetto Lombardi che ora, però, non appare più lontano come lo è stato negli ultimi… trent’anni?